Unità dell'Occidente e ombrello Nato per Kiev: vince la linea di Giorgia

Verso un vertice trilaterale tra i presidenti americano, ucraino e russo. Trump ha fretta e dice a Macron: "Putin vuole fare un accordo con me"
di Fausto Cariotimartedì 19 agosto 2025
Unità dell'Occidente e ombrello Nato per Kiev: vince la linea di Giorgia

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«Quella di oggi è davvero un’ottima giornata. Ovviamente potete contare sull’Italia, come è stato fin dall’inizio; siamo dalla parte dell’Ucraina e sosteniamo con forza i tuoi sforzi per la pace». A Washington sono passate da poco le 15, le 21 in Italia. Giorgia Meloni è seduta al grande tavolo della East Room della Casa Bianca, la sala dei ricevimenti, e si sta rivolgendo a Donald Trump. Come da protocollo è seduta alla sinistra del presidente statunitense, che dall’altro lato ha Emmanuel Macron. Le sedie rimanenti sono occupate da Volodymyr Zelensky e dagli altri leader europei accorsi lì: il tedesco Merz, il britannico Starmer, il finlandese Stubb, la presidente Ue von der Leyen e il segretario generale della Nato Rutte. È un breve momento di apparizione pubblica, prima di riunirsi tutti insieme a porte chiuse.

L’aria è rilassata, Trump e Zelensky hanno già fatto il loro vertice bilaterale e il patatrac del 28 febbraio non si è ripetuto. Sollievo tra gli europei, che hanno seguito la scena in un’altra stanza della Casa Bianca, in diretta streaming. Non è ancora finita, la pace in Ucraina è un obiettivo da raggiungere, l’appuntamento decisivo sarà il vertice a tre con Vladimir Putin e tra gli alleati occidentali ci sono ancora tante cose da discutere, ma sin lì tutto è filato per il meglio. E non era scontato.

Trump, che con Meloni ha un rapporto di stima politica e umana, l’ha appena presentata nel migliore dei modi, definendola «una grande leader e una fonte di ispirazione nel suo Paese». Una che «ha prestato servizio a lungo, anche se è molto giovane, rispetto agli altri che non durano molto. Tu sei rimasta a lungo», le dice guardandola, «e rimarrai ancora a lungo». Quando prende la parola, la premier italiana può raccogliere i risultati di una strategia nella quale solo lei, a lungo, è sembrata credere. A cominciare dalla necessità di fare di tutto per tenere insieme Europa e Stati Uniti. Anche quando altri Paesi europei, a partire dalla Francia, pensavano di poter risolvere la questione ucraina facendo a meno della superpotenza a stelle e strisce.

Inizia il suo breve discorso ringraziando Trump per avere reso possibile l’apertura di «una nuova fase, dopo tre anni e mezzo in cui non abbiamo visto alcun segnale di volontà di dialogo da parte russa». Se le cose ora stanno cambiando, spiega, è grazie al presidente americano e alla situazione di stallo sul campo di battaglia, «ottenuta con il coraggio degli ucraini e con l’unità che tutti noi abbiamo fornito all’Ucraina». Condizione che dovrà essere mantenuta, se non si vuole sprecare l’occasione: «Se vogliamo raggiungere la pace e se vogliamo garantire la giustizia», dice rivolta a tutti i leader presenti, «dobbiamo farlo uniti».

Non nasconde che ci sono nodi da sciogliere, che meritano una discussione approfondita. «Il primo è quello delle garanzie di sicurezza, ovvero come assicurarsi che non accada di nuovo, che è il presupposto fondamentale per qualsiasi tipo di pace. Sono lieta che ne discuteremo, sono lieta che partiremo da una proposta che è il modello dell’articolo 5» del trattato Nato, una proposta «che all’inizio era italiana». Assieme a quell’impegno testardo per difendere l’unità dell’Occidente, l’idea di estendere all’Ucraina le garanzie di difesa comune che legano i membri dell’Alleanza atlantica, anche senza un’adesione di Kiev, è il contributo più importante del governo italiano alla causa comune. «Siamo sempre pronti a presentare le nostre proposte di pace e dialogo», è la conclusione di Meloni.

Una delle questioni irrisolte, su cui i leader europei hanno già iniziato a discutere, riguarda quanti soldati, e di quali nazionalità, mandare in Ucraina come forza di “pacekeeping”. Argomento sul quale Trump, però, ieri ha mandato un altro segnale positivo: rispondendo a una domanda diretta, nella conferenza stampa che ha improvvisato nello Studio Ovale prima di iniziare il colloquio a porte chiuse con Zelensky, non ha escluso di impiegare forze militari statunitensi. Difficile immaginare una deterrenza migliore. Trump, comunque, è convinto che Putin abbia davvero l’intenzione di raggiungere un accordo. Lo ha confidato a Macron, in una conversazione “fuorionda” che è stata carpita dai microfoni: «Penso che voglia raggiungere un accordo per me, capisci? Per quanto possa sembrare folle».

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Il presidente americano va di fretta, i suoi diplomatici hanno già chiesto ai loro colleghi europei di attrezzarsi per il vertice trilaterale con Trump, Putin e Zelensky, che dovrebbe tenersi nel giro di due settimane. Lo stesso Trump ne avrebbe discusso con Putin, al termine del suo incontro con i leader europei. Probabilmente si farà in Europa, ma non è stato ancora stabilito dove, ed è un altro motivo di discussione. Secondo l’emittente britannica Sky News, una candidatura forte e credibile è quella della città di Roma, e in particolare del Vaticano, dove fu improvvisato il famoso “incontro delle due sedie” tra il presidente americano e quello ucraino, durante i funerali di papa Francesco. È la proposta di Meloni e andrebbe bene sia a Zelensky che a Trump. Putin, però, preferirebbe Ginevra, e Macron, che non vuole dare visibilità alla premier italiana, la pensa come lui. Restano sul tavolo altre opzioni, tra cui Budapest e Helsinki. Parleranno anche di questo, oggi, i leader dei ventisette Stati Ue. Il presidente del Consiglio europeo, il portoghese António Costa, li ha convocati per le 13 in videoconferenza.

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