I tori, l’albergo, le strade e tutti i bar: inseguendo Hemingway a Pamplona

Il mito del premio Nobel aleggia in ogni angolo della città in cui è ambientato "Fiesta". L'hotel "La Perla" conserva intatta la sua stanza, il Café Iruña lo celebra con una statua
di Fabio Rubinigiovedì 21 agosto 2025
I tori, l’albergo, le strade e tutti i bar: inseguendo Hemingway a Pamplona

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Arriviamo a Pamplona che le celebrazioni di San Fermin si sono concluse da un paio di giorni. Eppure la magia dell’encierro - la corsa dei tori - è ancora palpabile. In piazza del Castillo gli operai sono intenti a recuperare le transenne che hanno contenuto la folla. Poco più in là, fuori dalla chiesa di San Saturnino, Sancho si cala leggermente i jeans e mostra orgoglioso agli amici la cicatrice che un toro gli ha lasciato chissà quanto tempo fa quando, vestito di bianco col fazzoletto rosso al collo, era uno dei corredores. Su tutto questo, sui tori, sulle corse a perdifiato tra le viuzze di Pamplona, aleggia il mito di Ernest Hemingway, lo scrittore premio Nobel che ha reso immortali Pamplona e l’encierro nel suo Fiesta e, in parte, nel saggio-romanzo Morte nel pomeriggio.

Quello tra Hemingway e Pamplona è stato un amore duraturo e corrisposto. Ci tornò in tutto nove volte, sia per vivere la festa, sia quando partecipò alla guerra civile spagnola. E dire che la prima volta dello scrittore in Navarra fu tutt’altro che esaltante.

Ci arrivò il 6 luglio 1923 da corrispondente del Toronto Star Weekly e quando si presentò all’Hotel La Perla, dove due settimane prima aveva prenotato una stanza, si trovò davanti la proprietaria che, imbarazzata, confessò di aver assegnato più stanze del dovuto - oggi si chiamerebbe overbooking - e così si diede da fare per trovare una sistemazione al suo ospite, non ancora illustre. Impresa affatto semplice visto che il giorno dopo sarebbe iniziata la festa di San Fermin. Alla fine trovò un appartamento privato al primo piano del numero 5 di Eslava Street - a pochi minuti a piedi dal centro -, sopra una farmacia della quale oggi resta solo l’insegna. Hemingway apprezzò lo sforzo e negli anni successivi tornò più volte al «La Perla», sempre nella camera 217. E i proprietari dell’Hotel l’hanno mantenuta tale e quale anche dopo la recente ristrutturazione. Unica concessione il cambio di numero, da 217 a 201. La stanza è visitabile su richiesta ed entrarci fa un certo effetto, così come pensare che su quelle poltrone, su quel tavolino, il premio Nobel possa aver trovato ispirazione per i suoi romanzi e per le sue corrispondenze giornalistiche.

Il «La Perla» non fu l’unica struttura ad ospitare Hemingway. L’Hotel si contese lo scrittore con il Quintana (quello di Fiesta, che oggi non esiste più), che si trovava all’angolo di fronte, sempre nella plaza del Castillo. Plaza che custodisce altri due luoghi simbolo di Hemingway a Pamplona, il «Bar Txoko», ma soprattutto il «Café Iruña» («Abbiamo preso un caffè all’Iruña, seduti su comode sedie di vimini a guardare la grande piazza dal fresco del portico», Fiesta), che ancora oggi rende omaggio all’artista con una targa sotto i portici e con una statua in bronzo che lo raffigura appoggiato al bancone in una posa per lui abituale (e molto simile a quella presente al bar «El Floridita» a L’Avana), nell’angolino dove amava ritirarsi per pensare, bere e scrivere. A Pamplona ovunque ti giri ti imbatti in qualcosa che richiama lo statunitense. Restando alla corsa dei tori non si può non andare, come faceva Hemingway, ai corrales, i recinti che nei giorni della Fiesta contengono tori e buoi. È da qui che parte la folle corsa che attraversa le vie del centro. Prima, però, vale una manciata di minuti la visita al centro multimediale del encierro. Una volta fuori passeggiare per Calle Santo Domingo, Plaza Consistorial, Calle Mercaderes e Calle Estafeta non sarà più la stessa cosa. Ed evitare di voltarsi ogni tanto per controllare che non arrivi un toro, sarà praticamente inevitabile. Il chilometro scarso del encierro si conclude in un altro luogo iconico per Hemingway: la Plaza de Toros, l’arena dove sono ambientate le pagine più intense di Fiesta, con la descrizione dei toreri (Ernest divenne amico dei più importanti), delle loro danze attorno ai tori e del pubblico che tratteneva il fiato ad ogni assalto. Anche in questo caso l’amore è corrisposto: la passeggiata che costeggia l’arena si chiama Paseo Hemingway e qui è presente anche il memoriale a lui dedicato, che l’amministrazione pamplonese eresse nel 1966 alla presenza di Mary Welsh, quarta moglie dello scrittore.

Anche il monumento al encierro, seppur indirettamente, richiama lo scrittore. Sudi un lato, infatti, vi è una targa con i nomi di tutti i corredores deceduti durante la Festa di San Fermin. Il primo della lista, Esteban Domeno Laborda, incornato nel 1924, null’altri è che il Vicente Gironés di cui Hemingway in Fiesta descrive la morte. Altri posti che hanno visto la presenza fisica dello scrittore sono la cattedrale di Pamplona, il Teatro Gayarre, il mercato di Santo Domingo, la chiesa di San Lorenzo dove è ospitata la cappella dedicata a San Fermin e le mura della città, sulle quali Ernest amava passeggiare.

L’ultimo percorso che lega Hemingway a Pamplona è il più complicato da tracciare: è quello dei bar e dei ristoranti che dicono di aver ospitato anche solo per una bevuta o per un pranzo/cena il premio Nobel. Difficile dire se sia tutto vero. L’unico indizio che ci fa propendere per dare credito alla maggior parte di essi è la passione, ampiamente documentata, di Hemingway per alcol e buon cibo. Arrivati a questo punto non resta che sedersi sulle sedie di vimini dell’Iruña, ordinare una birra e sfogliare le pagine di Fiesta.