Winston Churchill, il piano segreto per fermare Stalin

A luglio del '45 era tutto pronto per un attacco all’Urss, considerata dal leader inglese la vera minaccia alla pace mondiale
di Marco Patricellimercoledì 3 settembre 2025
Winston Churchill, il piano segreto per fermare Stalin

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Sarà stata pure inconcepibile, ma Winston Churchill ci pensò eccome. L’Operazione Unthinkable nel luglio 1945 doveva rovesciare l’alleanza antihitleriana e ricacciare Stalin fuori dall’Europa occupata dall’Armata Rossa. Il premier diede ordine agli strateghi britannici di preparare i piani operativi per neutralizzare l’Unione Sovietica o attraverso «l’occupazione di aree della Russia metropolitana tali che la capacità bellica del Paese sarebbe ridotta al punto da rendere impossibile un’ulteriore resistenza», oppure infliggendo «una sconfitta così decisiva alle forze russe sul campo da rendere impossibile all’Urss continuare la guerra».

Le linee salienti sono contenute nel rapporto del 22 maggio 1945 (National Archives, rif. cat. CAB 120/691, desegretato nel 1998) dei leader militari britannici a Churchill sulle possibilità di un attacco a sorpresa contro Stalin. Il primo ministro aveva ipotizzato persino l’utilizzo dei soldati tedeschi, da attingere dalla massa di prigionieri di guerra, con i quali ricostituire una decina di divisioni efficienti, facendo tesoro della loro esperienza e degli errori compiuti dalla Wehrmacht nell’Operazione Barbarossa.

Lo scenario, ritenuto per lungo tempo fantascientifico, fu effettivamente studiato ed elaborato dal Gabinetto di guerra britannico. In quel momento l’Armata Rossa disponeva in Europa Centrale di una superiorità di uno a tre, cosa che agli Alleati rendeva praticamente impossibile conseguire una vittoria decisiva: «Sebbene l’organizzazione alleata sia migliore, l’equipaggiamento leggermente migliore e il morale più alto, i russi si sono dimostrati formidabili avversari dei tedeschi. Hanno comandanti competenti, equipaggiamento adeguato e un’organizzazione che, sebbene forse inferiore ai nostri standard, ha superato la prova. D’altra parte, solo circa un terzo delle loro divisioni è di alto livello, mentre le altre sono considerevolmente inferiori e con una mobilità complessiva ben al di sotto di quella alleata».
Era quindi necessario che gli Stati Uniti impiegassero «vaste risorse» per «il riequipaggiamento e la riorganizzazione della forza lavoro tedesca e di tutti gli alleati occidentali».

Ecco perché veniva prevista persino la guerra totale, il cui esito non era ipotizzabile, e comunque con uno sforzo bellico che richiedeva «molto tempo», a meno di un colpo durissimo, rapido e limitato, tale da costringere l’Urss ad accettare le condizioni. Ed era questa l’ipotesi da privilegiare poiché «mentre siamo in corso, dobbiamo prevedere una lotta di portata mondiale».

L’Operazione Unthinkable era segretissima e non vennero informati neppure gli Stati Uniti. Churchill era allarmato dallo strapotere sovietico nell’Europa Orientale e Centrale. Erano stati i russi ad arrivare a Vienna e a Praga, quando erano già sotto controllo Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria. L’uscita di scena della potenza tedesca eliminava ogni ostacolo all’Armata Rossa e all’ideologia comunista che Churchill aveva sempre avversato. Si era alleato con Stalin solo perché il pericolo prima era Hitler. Adesso tutto era cambiato. A febbraio a Yalta i Tre Grandi avevano preso accordi sul riassetto dell’Europa, ma era un gioco degli inganni.

Sulla Polonia in particolare il dittatore del Cremlino non aveva nessuna intenzione di stare ai patti: il Processo ai Sedici a Mosca, i dirigenti democratici polacchi arrestati con l’inganno e condannati in tre giorni, era stato esemplare. Churchill aveva fretta di impedire la deriva della sovietizzazione prima del prevedibile ritiro delle truppe americane. La richiesta di elaborare l’Operazione Unthinkable, probabilmente inoltrata alla fine di aprile, sbalordì gli stessi componenti del War Cabinet britannico che comunque il 22 maggio presentarono l’elaborato a cura del brigadiere generale Geoffrey Thompson, il quale aveva sottolineato che per una nuova guerra non si poteva fare a meno dell’appoggio dell’opinione pubblica britannica già duramente provata, della potenza militare degli Stati Uniti, dei soldati polacchi, della manodopera e di quello che restava dell’industria bellica tedesca.

L’attacco doveva essere mosso al più tardi il primo luglio 1945, quattro giorni prima delle elezioni che comunque porteranno alla clamorosa disfatta di Churchill. Circa metà di tutte le forze alleate in Europa avrebbe dovuto essere impegnata nel colpo a sorpresa (una cinquantina di divisioni) attraverso due direttrici verso la Polonia, con obiettivi terminali della manovra a tenaglia a Danzica e Breslavia.
Solo un successo pieno e decisivo prima dell’inverno avrebbe impedito la guerra totale.

Gli Alleati erano inferiori in tutti i settori tranne in quello degli aerei strategici, e proprio il fattore dell’inferiorità fece ritenere dagli strateghi del Chiefs of Staff Committee che il piano fosse irrealizzabile.
Non era, insomma, solo impensabile, come nello scabroso risvolto di far combattere al proprio fianco i soldati di Hitler, aspetto che sottolineò senza giri di parole il 22 maggio il tenente generale Hastings Ismay, capo di stato maggiore, nel consegnare il documento al premier.

La pietra tombale sulla fattibilità fu messa l’8 giugno dai tre capi di stato maggiore, con grande disappunto di Churchill che evocò il rischio di una nuova guerra mondiale per dover poi fermare Stalin che avrebbe potuto impadronirsi di tutta l’Europa una volta che le truppe americane fossero state rimpatriate. Per questo motivo chiese un ulteriore piano Unthinkable, stavolta limitato alla difesa della Gran Bretagna.

Churchill venne comunque messo fuorigioco dalla sconfitta elettorale, a metà della Conferenza di Potsdam, che venne conclusa dal suo successore Clement Attlee. Secondo attenti esperti e studiosi, comunque, Stalin venne per tempo messo a conoscenza dell’esistenza di un’operazione contro di lui dall’efficace colonia spionistica sovietica in Gran Bretagna, e in particolare da Guy Burgess che faceva parte del gruppo dei Cinque di Cambridge, infiltrati ai più alti livelli dell’intelligence.