La furia pro-Pal di Pedro Sanchez e della Spagna socialista esonda e genera un gravissimo, clamoroso incidente diplomatico con Israele. Non il primo né probabilmente l'ultimo, ma la polemica politica su Gaza in questo caso rischia di trasferirsi su un piano completamente differente.
Tutto nasce dall'infelice commento del premier: "La Spagna, come sapete, non ha bombe nucleari, né portaerei o grandi riserve di petrolio, da soli non possiamo fermare l’offensiva israeliana. Ma questo non significa che smetteremo di provarci. Perché ci sono cause per cui vale la pena lottare, anche se non è solo nelle nostre mani vincerle".
Sul Medio Oriente la posizione di Madrid è tanto ideologica quanto chiara e netta, fin dall'inizio. Lo scorso maggio il consiglio dei ministri ha deciso di accelerare riconoscendo formalmente lo Stato di Palestina, una scelta criticata da Israele che l'ha considerata di fatto un assist ai terroristi di Hamas.
Il rammarico di Sanches per non avere un arsenale nucleare con cui poter costringere a un passo indietro (o minacciare?) gli israeliani ha scatenato la reazione durissima del premier Bibi Netanyahu, che ha parlato non a caso di "flagrante minaccia di genocidio" contro Israele. "Il primo ministro spagnolo ha detto ieri che la Spagna non può fermare la battaglia di Israele contro i terroristi di Hamas perché 'la Spagna non ha armi nucleari'. Questa è una flagrante minaccia genocida contro l'unico stato ebraico al mondo", ha scritto Netanyahu sul suo account X.
Parole che a sua volta il governo spagnolo ha definito "false e calunniose". "Il popolo spagnolo è amico del popolo di Israele e del popolo palestinese", recita una nota dell'esecutivo di Madrid, in cui si ribadisce di condannare "senza esitazioni l'atroce attacco commesso il 7 ottobre dal gruppo terroristico Hamas" e di aver chiesto "fin dal primo giorno il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi", ma anche che "con la stessa determinazione" chiede "l'immediata cessazione dell'infinita violenza a Gaza".