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Gaza, Marcello Flores: "Perché è sbagliato parlare di genocidio"

di Daniele Dell'Orcodomenica 12 ottobre 2025
Gaza, Marcello Flores: "Perché è sbagliato parlare di genocidio"

( Ansa)

4' di lettura

Luciano Belli Paci, figlio di Liliana Segre, ha definito Francesca Albanese «ossessionata» da sua madre, dopo la sua uscita dallo studio di In Onda su La7 e l’accusa mossa contro la senatrice a vita di «non essere lucida» circa «il genocidio a Gaza». Belli Paci, in merito alla definizione di genocidio, ha citato le riflessioni di uno storico di fama internazionale: Marcello Flores. Un invito raccolto da Libero.

Professor Flores, siamo di fronte a un genocidio?
«Sono abbastanza contrario a questa corsa alla definizione, che sta ormai svolgendo un ruolo propagandistico e politico-ideologico. Sarà una corte internazionale a stabilire che di tipo di crimine internazionale si sta compiendo a Gaza. Purtroppo fin dal 7 ottobre la voce della piazza ha imposto l’uso della parola genocidio che, un po’ alla volta, è stata adottata nelle iniziative fatte sull’onda dello sgomento per le violenza contro i civili e data ormai per scontata, tanto che si tende a condannare chi non usa quel termine quasi come un complice delle azioni del governo e dell’esercito israeliano. Si dovrebbe avere fiducia degli organismi internazionali: la Corte Internazionale di Giustizia, che ha iniziato il suo lavoro dopo l’accusa presentata dal Sudafrica, e la Corte Penale Internazionale che, al momento, ha accusato Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant (oltre ai capi di Hamas nel frattempo defunti) di crimini di guerra e contro l’umanità. Ma non di genocidio».

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Sì, ma lei cosa ne pensa?
«Citerò due storici che stimo e apprezzo: Omer Bartov, uno dei massimi studiosi della Shoah, e Benny Morris, il massimo storico israeliano del conflitto israelo-palestinese. Hanno espresso opinioni diverse: per il primo è un genocidio, per il secondo no (ma ammonisce dal pericolo). Io sono più d’accordo con Morris, perché il carattere distintivo del genocidio, rispetto ai crimini contro l’umanità, è l’intenzione, che deve essere chiara e provata, di distruggere in tutto o in parte un gruppo etnico, razziale, nazionale, religioso in quanto tale. Qualcuno ha sostenuto che il numero di gazawi uccisi sarebbe imparagonabile con i genocidi che abbiamo conosciuto. Ma il numero delle vittime non c’entra, quanto piuttosto che le modalità della loro morte non sembrano rispondere alla volontà di distruggere il gruppo palestinese nel suo insieme ma il gruppo politico-militare di Hamas, anche a costo di coinvolgere pesantemente la popolazione civile».

Perdipiù, al momento, la guerra sembra cessata...
«Nella storia non abbiamo mai assistito a un genocidio che si sia fermato per volontà delle autorità politico-militari genocidarie, ma solo perché quelle autorità sono state sconfitte militarmente. Oggi, di fronte al possibile cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi, ritiro dell’esercito israeliano saremmo di fronte al primo genocidio interrotto intenzionalmente».

Ma allora perché si dice? Ignoranza o malafede?
«Nel caso di studiosi, giuristi e storici non vi è alcun uso strumentale, anche se le loro opinioni possono essere utilizzate in modo strumentale. È stato molto usato, ad esempio, il documento della International Association of Genocide Studies che stabiliva l’esistenza del genocidio a Gaza con una larga maggioranza. Io ne faccio parte da vent’anni e in realtà a pronunciarsi era stata una minoranza dei membri. Diverso invece è il modo, senz’altro strumentale, che ha caratterizzato le manifestazioni, dove sono state adottate le parole d’ordine usate dagli studenti dei Paesi mediorientali. Genocidio, in riferimento a Gaza, in Medio Oriente si usa almeno dalla Seconda Intifada (2000-2005, ndr). Poi questo uso strumentale non nasce adesso. Genocidio è ormai diventato sinonimo di massacro, giacché dire “fermare il massacro” o il “crimine” fa meno presa».

Ci nota una vena antisemita?
«Da parte di alcuni gruppi l’uso del termine ha anche lo scopo di colpire non solo il governo di Israele, ma tutti gli israeliani e in qualche modo anche tutti gli ebrei, mettendoli in relazione al governo di Tel Aviv considerato responsabile del crimine “equivalente” alla Shoah. L’accusa ha il risultato di ridimensionare quella pagina di storia favorendo una falsa comparazione tra Gaza e Auschwitz, tra Netanyahu e Hitler, tra israeliani e nazisti. Mi sembra ovvio che il tentativo di delegittimare una persona come Liliana Segre nasca proprio dall’uso insistito del termine genocidio, termine che rende impossibile dare voce a chi propone una interpretazione differente. E questo, per me, qualifica in modo definitivo chi l’ha attaccata. Il risultato finale è una indifferenza all’approfondimento, prima condizione per cercare di capire anche come possiamo offrire un piccolo aiuto».

Al contrario, il dibattito s’è “militarizzato”...
«La violenza delle distruzioni e il numero di vittime palestinesi ha fatto posare l’accento esclusivamente contro il governo e l’esercito israeliani, mentre Hamas è uscito dalla riflessione, spesso in modo voluto e a volte, sia pure in modo limitato, con una giustificazione che si è concretizzata nella rivendicazione della sua azione come “Resistenza”. Un’aberrazione».

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