L'episodio più ironico risale a un paio di giorni fa. All'AgriZone, fiera dedicata all'agricoltura sostenibile che si tiene a pochi passi dalla Cop30 di Belem, l'Associazione Brasiliana delle Industrie Esportatrici di Carne ha offerto un barbecue. L'obiettivo era di pubblicizzare «l'eccellenza della carne bovina brasiliana» e la locandina sottolineava la partecipazione di «chef» e l'uso di «tagli certificati e sapori regionali dell'Amazzonia». Come ovvio, l'evento ha scatenato la reazione indignata di diversi ambientalisti. «È un affronto alle discussioni della Cop30», ha dichiarato Thales Vieira, dell'Osservatorio della Bianchezza, sottolineando poi che il 70% degli allevatori di bovini nel Paese è bianco. Secondo recenti stime, infatti, l'allevamento di bestiame è stato responsabile del 74% dell'inquinamento climatico brasiliano nel 2024. Anche perché nel Paese ci sono 238 milioni di capi, un numero che supera persino la popolazione di 213 milioni.
Ma il churrasco organizzato dalla lobby della carne non è di certo la maggior contraddizione di questa Cop30 30 che si tiene a Belem, nello stato brasiliano di Pará. Perché lo scarto tra gli interessi economici delle imprese e ideali della Conferenza dell'ONU sui cambiamenti climatici è enorme. Insomma, la crescente influenza delle grandi aziende agroalimentari, minerarie e finanziarie nei negoziati sul clima rischia di rendere la Conferenza una grande fiera dell'ipocrisia.
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Dal verde e giallo del sole che ride, al verde-bianco-rosso-nero della bandiera palestinese. Dai sassi dell’Adige ...Il rapporto A Cop dos Lobbies (La Cop delle lobby), realizzato dall'osservatorio De Olho nos Ruralistas, ha analizzato otto grandi imprese - tra cui Bayer, Norsk Hydro e Vale – arrivando alla conclusione che stanno utilizzando l'evento come una vetrina per darsi una verniciata di sostenibilità, mentre nei fatti puntano ad aumentare l'appello dei propri marchi. Lo studio spiega come alcune aziende hanno finanziato padiglioni ed eventi paralleli a Belém - come AgriZone, sponsorizzato da Bayer, e la Stazione di Sviluppo, collegata a Cosan, grande produttore di bioetanolo, zucchero ed energia- spesso in collaborazione con ministeri e amministrazioni locali, con possibili conflitti di interesse.
Soprattutto, sottolinea il rapporto, queste imprese sono sotto accusa per pratiche ambientali dannosissime. Per esempio, Bayer, la multinazionale farmaceutica tedesca proprietaria della Monsanto, è accusata di violazioni dei diritti umani nelle comunità del Sud America e di aver irrorato pesticidi, in particolare il glifosato, sui villaggi del popolo Ava Guarani nel Mato Grosso do Sul. Eppure, patrocina l'iniziativa di “agricoltura tropicale” mentre si fa promotrice di una nuova “Rivoluzione Verde”. Durante la Cop30, ha inoltre organizzato un dibattito sul tema “Moltiplicare le migliori pratiche in materia di diritti umani in agricoltura”.
Non solista. Nel 2024, una coalizione di sei associazioni ambientali ha presentato una denuncia all'Ocse contro Bayer per le violazioni ai danni delle comunità tradizionali in Argentina, Bolivia, Brasile e Paraguay. Il documento dimostra che la multinazionale farmaceutica e le sue controllate violano le sue linee guida di condotta responsabile, favorendo l'espansione delle colture geneticamente modificate e l'uso irresponsabile di pesticidi. Questo mentre negli Stati Uniti l'azienda sta affrontando un'ondata di cause legali. Secondo Reuters, Bayer ha già impegnato circa 10 miliardi di dollari in controversie legali relative alla contaminazione da prodotti a base di glifosato.
E poi c'è da considerare l'immensa struttura che ospita la Cop30, City Park, costruita dalla compagnia mineraria Vale. Sempre secondo lo studio A Cop dos Lobbies, mentre la società mineraria investe 430 milioni di Real brasiliani (circa 70 milioni di euro) in iniziative a impatto socio-ambientale, deve affrontare cause legali sul degrado ambientale, sulla contaminazione dei pozzi e sui danni alla salute pubblica, per un valore di 65 volte superiore all'investimento.
Senza contare che Vale è accusata di essere colpevole dei disastri ambientali di Brumadinho (2019) e di Bento Rodrigues (2015), entrambi causa dal cedimento di un bacino di decantazione di una miniera. Infine, il caso del colosso norvegese Norsk Hydro, uno dei maggiori produttori mondiali di alluminio. La multinazionale, che ha nel Brasile il suo principale fornitore di materie prime, ha scelto la popolare cantante Fafá de Belém come volto delle sue campagne pubblicitarie per la Cop 30. Peccato che le comunità locali siano sul piede di guerra con l'azienda e le sue controllate, accusate di inquinare l'Amazzonia con gli scarti della lavorazione dell'alluminio.




