L’Italia vota sì al congelamento dei fondi russi in Europa ma mette dei paletti alla mossa di Bruxelles. Mai in oltre 30 anni l’Unione europea era ricorsa all’art.122 per salvare un Paese non membro aggirando il voto al Consiglio di alcuni Stati membri che non sono d'accordo con le scelte della Commissione. Poche volte insomma l’Unione Europea si era esposta così tanto in termini di scelte internazionali mettendo a rischio ogni velleità di avere una vera politica estera comune. Stiamo parlando ovviamente dell’obiettivo che la Commissione si è data di utilizzare, direttamente o quale garanzia, quegli oltre 200 miliardi di asset russi detenuti perlopiù nelle casse della depositaria belga Euroclear che ieri con un voto a maggioranza degli ambasciatori permanenti, come se fosse una questione secondaria, ha deciso di bloccare in modo permanente. Come previsto hanno votato contro l’Ungheria e la Slovacchia, ma non è tutto oro ciò che luccica.
L’Italia infatti, insieme a Belgio, Bulgaria e Malta ha comunicato di essersi allineati per questa volta ma «il ricorso alla procedura basata sull’articolo 122 per il divieto di trasferimento... implica conseguenze giuridiche, finanziarie, procedurali e istituzionali che potrebbero andare ben oltre questo caso specifico». L’Italia e gli altri sostengono che tale decisione avrebbe dovuto essere presa al massimo livello, quello dei leader e del Consiglio Europeo, non a quello tecnico. In sostanza, vada per questa volta per il bene dell’Ucraina, ma il principio dell’unanimità non si tocca. I dubbi del gruppetto guidato da Italia e Belgio tuttavia non sono solo procedurali, entrano anche nel merito della vicenda. Nel comunicato congiunto, i quattro dubbiosi si augurano che al prossimo Consiglio si continui «a esplorare e discutere opzioni alternative in linea con il diritto internazionale e dell'UE, con parametri prevedibili e che presentano rischi significativamente inferiori». Il governo italiano teme poi che l’utilizzo dei fondi russi a qualsiasi livello non solo potrebbe pregiudicare i tentativi di arrivare a un accordo di pace, ma toglierebbe all’Occidente un’importante leva per esercitare pressione sul Cremlino a livello di negoziati. Venerdì il commissario europeo all'Economia Valdis Dombrovskis aveva garantito che nessuno vuole rubare quei soldi, ma che Bruxelles vorrebbe utilizzarli quale garanzia per finanziare i prestiti all’Ucraina.
Ovvero la Russia li riavrà indietro solo quando avrà risarcito l’Ucraina fino all’ultimo centesimo. Putin ha già fatto sapere che la sostanza non cambia, si tratta in ogni caso di un furto contro ogni logica storica, anche perché la Russia quella guerra la vincerà o l’ha già vinta. Il problema per la Ue è che tale tesi è condivisa anche dal premier belga De Wever, il cui Paese rischia di ritrovarsi da solo a dover risarcire a sua volta Mosca che sta già ricorrendo ai tribunali. Proprio ieri infatti la Banca Centrale di Russia ha iniziato a far capire quale sarà la sua linea, intentando la prima causa per danni contro Euroclear presso la Corte arbitrale di Mosca. «Le azioni del depositario Euroclear hanno causato danni alla Banca di Russia a causa dell'incapacità di gestire denaro contante e titoli appartenenti alla Banca di Russia» ha fatto sapere l’ufficio stampa della stessa. Certo si tratta per il momento di tribunali interni, ma Mosca è pronta a ricorrere a quelli internazionali con buone possibilità che gli diano ragione. Come ha detto De Wever «sarebbe una bella storia quella di prendere soldi dal cattivo, Putin, e darli al buono, l’Ucraina.
Ma rubare beni congelati da un altro Paese, i suoi fondi sovrani, non è mai stato fatto prima». «Nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldi della Germania vennero confiscati» ha sottolineato, aggiungendo che credere poi che la Russia possa perdere la guerra «è una favola, una totale illusione». Un campanello d’allarme per Bruxelles avrebbe dovuto essere rappresentato anche dal rifiuto giapponese alla richiesta di accodarsi nell’avventura, confiscando 30 miliardi russi detenuti nelle proprie banche e tuttora congelati. Insomma, da qualunque parte la si guardi la vicenda degli asset russi sembra solo foriera di effetti negativi per l’Europa. Se infatti la linea massimalista dovesse prevalere sulle proteste belghe e i dubbi italiani, Bruxelles (come capitale belga ed europea) dovrà vedersela con i tribunali ai quali la Russia sta già facendo ricorso, con buone possibilità di dovere restituire i soldi con gli interessi.




