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Legge verde, sì ma col trucco: così i socialisti "barano" in Europa

Michele Zaccardi
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Ha fretta, Frans Timmermans. Il vicepresidente della Commissione vuole portare a casa il prima possibile la Legge sul ripristino della natura, tassello fondamentale del Green Deal, il piano europeo sul clima. Possibilmente in autunno, quando il Parlamento Ue dovrà dare il suo via libera, questa volta definitivo, al testo. Di sicuro, prima delle prossime elezioni europee, per evitare che un’eventuale maggioranza tra popolari e conservatori, un’ipotesi a cui lavora da tempo la premier Meloni, possa mandare all’aria i piani climatici di Bruxelles.

PRESSIONI
Si spiegano anche così le pressioni che Timmermans sta esercitando da diversi mesi sugli eurodeputati per accelerare sui dossier ambientali. Lo si capisce da come è andato il voto di mercoledì a Strasburgo. Dopo essere stata bocciata dalla Commissione Ambiente del Parlamento, la Legge sulla natura è stata comunque approvata, sia pure in versione annacquata, dalla plenaria.

Per mettere fine all’impasse, il relatore del provvedimento, il socialista spagnolo César Luena, si è fatto da parte, mandando avanti il presidente dei liberali di Renew, il macroniano Stéphane Séjourné, che ha riproposto, attraverso una sorta di maxiemendamento, quasi lo stesso testo licenziato dal Consiglio Ue il 20 giugno scorso. Testo che, rispetto alla proposta originaria della Commissione Ue, rende meno pesanti gli obiettivi a carico degli Stati membri sul ripristino degli habitat naturali. Di fatto, rimane soltanto l’obbligo di riportare in buono stato entro il 2030 almeno il 20% delle aree degradate terrestri e marine. Mentre sparisce l’articolo che impone di tagliare del 10% la superficie agricola produttiva. Insomma, il testo adottato dal Parlamento Ue è più blando di quello proposto un anno fa dalla Commissione Ue, ma rimane comunque indigesto per le imprese e per la maggioranza, che a Strasburgo si è schierata in modo compatto contro il provvedimento. «L’impatto sulla nostra economia rimane forte» spiega a Libero Marco Campomenosi, capodelegazione della Lega al Parlamento Ue.

 

«La conseguenza sarà che sulle nostre tavole arriveranno molti più prodotti che provengono da Paesi extra Ue che non applicano i nostri rigorosi standard». Senza contare che per finanziare il ripristino degli ecosistemi di risorse non ce ne sono. Timmermans ha dovuto abbozzare sull’accordo di compromesso, facilitato in questo dal fallimento del ribaltone orchestrato dal presidente dei popolari, Manfred Weber, la cui mozione di rigetto del testo non è passata per una manciata di voti (appena dodici) e grazie alla defezione di quindici parlamentari del Ppe. Adesso che il Parlamento ha adottato la sua posizione si aprirà il negoziato tra le istituzioni comunitarie, il cosiddetto trilogo, per arrivare a un’intesa. E in quella sede non è detto che il testo uscito dalla plenaria di Strasburgo rimanga intonso. Anzi, potrebbe venire modificato, anche in senso più restrittivo, visto che a trattare per conto degli organismi Ue ci saranno soltanto esponenti socialisti.

TRILOGO
A rappresentare il Parlamento sarà infatti il relatore della Legge sulla natura, lo spagnolo Luena, che avrebbe voluto un testo più ambizioso di quello approvato. Per la Commissione, invece, ci sarà Timmermans insieme al commissario all’Ambiente. Toccherà infine a Madrid, che ha la presidenza di turno, portare al negoziato le istanze del Consiglio Ue. Per ora il premier è il socialista Pedro Sánchez ma il 23 luglio in Spagna si vota e i sondaggi danno in vantaggio la destra. Difficilmente, però, una nuova maggioranza potrà cambiare di molto le carte in tavola. «Resta un provvedimento impossibile da migliorare» sottolinea Campomenosi, «anche se qualche governo farà pressioni affinché il testo venga edulcorato».

 

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