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Giorgia Meloni da Duce a leader? "Pensa come siamo messi..."

Brunella Bolloli
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Ci scherza su Giorgia Meloni: «Io leader più influente in Europa? Si figuri come siamo messi...». Il siparietto è con Bruno Vespa negli studi di Porta a Porta, nella puntata speciale dedicata al tema della mafia dove sia Meloni che la segretaria del Pd, Elly Schlein, sono state protagoniste, sebbene in momenti diversi. Vespa chiede alla premier un commento sulla speciale classifica appena stilata da Politico.eu, edizione europea della nota testata americana, e Meloni spiega: «Se lo merito non lo posso dire. Ho smentito i pronostici ancora una volta. Quando da primo ministro sono arrivata in Europa non mi sfuggiva che mi si guardava come fossi una specie di marziano, un mostro, un’impresentabile, una persona con la quale non si potesse avere a che fare. Io penso che si debbano esprimere i propri giudizi e dire le cose in faccia.

Sono una persona pragmatica, che quando dice sì è sì e quando dice no è no e così le persone ti rispettano». Politico.eu definisce Giorgia Meloni the chamelon, camaleonte, come il piccolo animale che ha una caratteristica unica nel suo genere: è capace di cambiare colore della pelle, di mimetizzarsi e quindi perfino di essere invisibile. In pratica, di adattarsi all’ambiente. È questa la natura del nostro presidente del Consiglio? In verità è ciò che scrive l’autorevole rivista dopo che l’anno scorso aveva incoronato la leader di Fratelli d’Italia regina dei politici disrupters (letteralmente, “perturbatori”) con il plauso della stampa progressista che parlava di “onda nera” in arrivo e del solito spettro del fascismo che si aggirava per l’Europa con lei a Palazzo Chigi.

CAMBIO DI IMMAGINE
In dodici mesi Meloni è passata dall’essere definita “la duce”, ritratta con il volto arrabbiato di quando esplodeva a Montecitorio da capo dell’opposizione, a una immagine quella di oggi - decisamente più rassicurante: via la giacca nera e la mascella serrata, dentro il sorriso dolce su un completo color corallo. Dettagli? Niente affatto. Anche i disegni contano nella comunicazione politica arricchita, in casa Pd, perfino dall’armocromista. Dunque, Meloni prima era nella lista dei “cattivi” d’Europa, nel circolo odiatissimo di chi si oppone all’ideologia gender e viene considerato come un pariah, come l’ungherese Orbàn. Oggi con una sorprendente velocità mai dedicata a nessun altro leader dell’Unione, in vetta all’elenco dei più influenti e concreti, (la classifica generale è vinta dal polacco Tusk) come non fosse lei, ma un’altra persona. Eppure i suoi valori non sono cambiati. Ora per gli esperti che hanno votato tra 28 capi di governo europei, Giorgia è al primo posto nella categoria Doers, “chi agisce”, cioè chi attua politiche per raggiungere i propri obiettivi, ossia i leader più fattivi e concreti nella messa in campo delle loro politiche e viene descritta come capace di sfidare «le aspettative» e di sorprendere nella sua politica nei confronti della Russia.

 


Ed è proprio questo effetto sorpresa la chiave di tutto. Il fatto che, in fondo, quando si parte con un pregiudizio smontarlo è più facile. Perfino in politica. Meloni ha spiazzato gli avversari e pure un po’ gli alleati. Ha ribaltato gli scenari di sfacelo che certi media avevano già confezionato in campagna elettorale. Mentre loro scrivevano che l’Italia sarebbe andata a rotoli con un governo di destra, lei studiava anche per conquistare chi all’estero si abbeverava a una narrazione catastrofista. Lo ha spiegato ieri sera da Vespa. «Si diceva che l’Italia sarebbe stata isolata a livello internazionale... Hanno detto che l’economia italiana sarebbe crollata: abbiamo le nostre difficoltà ma sempre dei record occupazionali che non si erano mai visti prima abbiamo registrato nell’ultimo anno a tutti i livelli». E ancora: «Hanno detto che avremmo perso i soldi del Pnrr: abbiamo rinegoziato il piano, preso la terza rata e stiamo prendendo la quarta rata, prima nazione europea. Ho banalmente smentito i pronostici».

 

 

EREDITÀ PESANTE
Certo, l’impresa non era facile perché prima di lei a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi, il nostro biglietto da visita per i mercati internazionali e i summit che contano. Ma la piccola Giorgia dalla Garbatella ha studiato e lavorato anche per fare capire che la sua visione non era localistica: c’era Roma, l’Italia, la «patria», o come la chiamano i “sovranisti”, «la nazione» al centro dei suoi pensieri e dell’agenda politica, ma c’era soprattutto come valorizzare questo Paese e farlo crescere, a dispetto dei detrattori. Non è stato un caso se i messaggi in campagna elettorale sono stati fatti anche in inglese, francese, spagnolo, se le missioni oltre confine sono frequenti, se Palazzo Chigi è un passaggio obbligato per gli esponenti dei Conservatori europei (guidati dalla Meloni), ma anche per i Popolari di Manfred Weber. Del resto ci sono priorità internazionali: inflazione, guerra, energia. Inutile pensare di combattere da soli contro le emergenze del momento. Per Fdi è una soddisfazione vedere la Meloni così in alto. Sofia Ventura, politologa, la pensa diversamente: «Nel vuoto dell’oppozione per ora Meloni regge, ma dubito che in futuro resti al primo posto». La verità è che Giorgia, camaleonte, non è cambiata. 

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