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Case green: il mondo non si accorgerà dei nostri sacrifici, le nostre tasche sì

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Sandro Iacometti
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Sbagliando, evidentemente, non s’impara. Mentre l’Italia sta faticosamente cercando di arrampicarsi su per il buco nero creato dal Superbonus, che a detta di Istat, Bankitalia, Upb e chi più ne ha più ne metta, azzopperà i nostri conti pubblici per gli anni a venire, provocando ammanchi di cassa, debito pubblico e, di conseguenza, meno risorse a disposizione dei contribuenti, c’è ancora chi, in Europa ma anche nel nostro Paese, ritiene fondamentale infilarsi in un altro tunnel oscuro per abbattere le emissioni di CO2 delle abitazioni del Vecchio continente con delle belle ristrutturazioni finalizzate all’efficientamento energetico. Battaglia sacrosanta? Fino ad un certo punto. Il principio generale può anche essere condivisibile, intendiamoci. Ma, come ha spiegato più volte il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, «l’Europa contribuisce solo per il 7% alle emissioni di CO2 globali e non cambia molto se facciamo le case green piuttosto che le auto green». Insomma, il mondo non si accorgerà dei nostri sacrifici. Ma le nostre tasche sì.

Avete presente gli sconti sull’edilizia varati nel 2020? Con una spesa di circa 200 miliardi a carico di tutti i contribuenti abbiamo consentito a meno del 10% dei proprietari (spesso neanche bisognosi di aiuto) di ristrutturare il proprio appartamento e di aumentare la sua efficenza energetica. Quanti soldi serviranno per mettere in regola con le nuove direttive Ue l’80% degli immobili che si trovano sul nostro territorio e sono considerati troppo inquinanti? Le stime di Bruxelles parlano di 275 miliardi l’anno per tutte le case del Continente. Ma la sensazione è che abbiano utilizzato gli stessi esperti di Giuseppe Conte per fare i calcoli. Ci rifacciamo la casa gratuitamente, diceva l’ex premier. Poi ci siamo ritrovati con costi collettivi decuplicati, totalmente fuori controllo. Ora, chi sarà esattamente a pagare l’ultima ecofollia di Bruxelles non è chiarissimo. Ma una certezza c’è: la direttiva case green farà deflagrare sul nostro patrimonio immobiliare una sorta di bomba atomica. Mettere fuorilegge la maggior parte delle nostre case significa far crollare il loro valore e colpire un mercato già fiaccato dall’aumento dei tassi e dall’impennata dei costi dei mutui. Ce ne faremo una ragione nel nome della lotta al cambiamento climatico? C’è da dubitarne.

 

 

La casa, piaccia o no, è considerata dagli italiani uno dei migliori investimenti. Circa la metà della ricchezza delle famiglie, oltre 5.000 miliardi di euro, è rappresentata dagli immobili. È al mattone che si affidano i propri risparmi e le proprie speranze di vita. E non è solo una questione di soldi. Il 70% degli italiani vive in una casa di proprietà. È il nostro regno, la nostra sicurezza, il nostro lascito. È un simbolo di libertà, un fondamento delle democrazie occidentali. Eppure, quelle quattro mura finiscono sempre nel mirino. Per fare cassa l’ex premier Mario Monti nel 2011 non ha esitato un attimo a trasformare i 9 miliardi di Ici in 22 miliardi di Imu. Una bastonata fiscale da cui il nostro mercato immobiliare non si è praticamente più ripreso, registrando performance sempre peggiori di quello europeo. Ora con la direttiva sulla case green si rischia la mazzata finale. Qualcuno ipotizza che il costo per mettere a norma un appartamento potrà arrivare addirittura a 50mila euro. Certo, dicono gli ecoillusi, una volta fatti i lavori il valore dell’immobile aumenterà. Intanto bisogna trovare i quattrini. E poi per chi nella propria casa ci abita, magari dopo aver fatto i salti mortali per saldare i debiti con la banca, non sarà davvero una gran consolazione. 

 

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