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La Commissione sta lavorando al suicidio perfetto dell'Europa

di Mario Sechi sabato 12 luglio 2025

3' di lettura

L’Unione europea è una sovrastruttura ibrida dai confini sempre più indefiniti e in-finiti, ha un potere quasi imperiale sulle nazioni, traccia e vincola in anticipo le scelte di politica economica dei governi, interviene sulle più svariate materie, ha una dimensione da super Stato etico che impone regole di comportamento filosofico e culturale che sono spesso in contrasto con la diversità dei costumi del mosaico di popoli che la compongono. La sua “crisi” è scoppiata quando la globalizzazione ha cominciato a dare segni di stanchezza e arretramento di una lunga fase di espansione economica e diffusione della democrazia. La crisi finanziaria innescata dalla bolla americana del 2007-2008, il seguente shock sull’Euro e le pressioni sul debito sovrano, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno accelerato il testacoda e aperto un ciclo politico favorevole ai partiti conservatori. La Banca centrale europea di volta in volta ha rattoppato con interventi straordinari i buchi che si aprivano nei bilanci pubblici e privati, ha domato la corsa dell’inflazione, ma non poteva riparare il cortocircuito della politica, per quello servono gli statisti e non i banchieri centrali.

Ieri abbiamo avuto un’ulteriore prova del deficit politico dell’Unione, della sua preoccupante schizofrenia: mentre il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky annunciava l’intesa con Donald Trump sulla fornitura di armi per contenere l’offensiva della Russia; mentre Giorgia Meloni ospitava a Roma il forum sulla ricostruzione dell’Ucraina e incontrava il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis per discutere di Patto di Stabilità e spese per la sicurezza; mentre gli Stati devono cambiare la strategia sul commercio mondiale, stretti tra i dazi americani e la grande muraglia della manifattura cinese; mentre le monarchie del gas e del petrolio del Medio Oriente disegnano le nuove rotte dell’energia (con gli Stati Uniti e la Russia) e controllano la leva del prezzo del petrolio e del gas; mentre torna lo scontro tra le grandi potenze e si formano nuove sfere di influenza tra blocchi geopolitici, cosa fa l’Europa? Studia una stangata fiscale sul tabacco (in tutte le sue forme, compreso quello riscaldato e le sigarette elettroniche) per finanziare il bilancio dell’Unione.

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Con un travestimento etico (la salute, il bene), si tocca il portafoglio dei cittadini europei, mirando a categorie di consumatori portatori del peccato originale del fumo. Non solo, la bozza sulle nuove entrate, mostra una furia gabellatrice preoccupante: secondo il Financial Times è allo studio una tassa annuale su tutte le aziende attive nell’Unione con un fatturato netto superiore a 50 milioni di euro, un prelievo sui rifiuti elettronici, una tassa sui pacchi del commercio a lunga distanza, un aumento della tassa sui rifiuti di plastica non riciclati. Ideologia Green, Serve altro? Sono idee che scaricheranno il costo sui consumatori, il rischio di una spinta dell’inflazione è notevole. A Bruxelles parlano di mercati aperti, sono professionisti dell’anti-trumpismo senza pragmatismo, ma sono i primi a chiudere la porta. Mancando completamente di senso storico, lavorano come contabili piegati sulla partita doppia senza vedere cosa accade là fuori, nel mondo reale. Qualche giorno fa, Jamie Dimon, il numero uno di JP Morgan - che ha incontrato la premier Meloni a Palazzo Chigi - ha avvisato i naviganti: le aziende europee rischiano di soccombere di fronte alla sfida americana e cinese.

L’Unione europea che si scaglia contro i dazi degli Stati Uniti, quella che ha aperto irresponsabilmente le porte alla Cina, quella che ha quasi distrutto l’industria dell’auto con la transizione elettrica a tappe forzate, quell’Unione dove i partiti socialisti hanno imposto un’agenda ideologica che ha fallito l’aggancio con l’innovazione e l’era dell’intelligenza artificiale, quella a caccia perenne di materie prime e risorse energetiche, invece di alleggerire la propria struttura burocratica e smantellare le pesanti barriere all’innovazione e al fare business (il castello di regole che Mario Draghi ha chiesto di abolire in più occasioni), di fatto sta lavorando alla costruzione di un tentacolare sistema di dazi interni che finirà per deprimere gli investimenti e l’innovazione, alimentando una nuova corsa dei prezzi. È una manovra kamikaze, il suicidio perfetto.

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