Dazi, i tre nodi: aerei, robot e superalcolici

di Massimo Sanvitomercoledì 30 luglio 2025
Dazi, i tre nodi: aerei, robot e superalcolici
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Premessa: districarsi nel gran coacervo dei dazi americani è più difficile che trovare un ago in un pagliaio. I dazi si vedono, e si sentiranno, ma ci vorranno settimane prima di avere un quadro preciso, prodotto per prodotto. E così, mentre gli urlatori di sinistra si sgolano per seminare allarmismo - «la sanità collasserà!», «il vino è morto!», «gli stabilimenti automobilistici chiuderanno!» - proviamo a fare ordine.

La base di partenza, come noto, è il 15 per cento generalizzato su quasi tutte le esportazioni europee verso gli Stati Uniti: si parla del 70 per cento del valore complessivo degli scambi, ovvero 380 miliardi di euro. Da venerdì (il primo agosto) quota 15 sarà la quota massima e conterrà - per citarne uno- il settore dell’automotive (veicoli e componentistica) che oggi è gravato da tariffe fino al 27,5 per cento. Le aziende italiane, dunque, torneranno a guadagnare competitività, rispetto alla Cina, sul mercato automobilistico americano. Anche per i prodotti farmaceutici e i semiconduttori, dopo l’iniziale incertezza, sono stati ufficializzati dazi al 15 per cento.

I PRODOTTI GRAZIATI
L’accordo siglato da Donald Trump e Ursula Von der Leyen, però, prevede anche uno scheda di esenzione reciproca - la cosiddetta formula “zero per zero” - su aerei (e relativi componenti), macchinari per semiconduttori, robotica avanzata, alcuni prodotti chimici, terre rare, materie prime essenziali, risorse naturali non disponibili negli Usa come il sughero e alcuni prodotti agricoli come noci, pesce lavorato e cibo per animali. Spazi di flessibilità, seppur calibrati, si estenderanno anche a tecnologia, intelligenza artificiale e criptovalute. In questo magico elenco, al momento, non compaiono vini e superalcolici. Ci sono ancora negoziati in corso e, stando a quanto filtra dai funzionari Ue, si è più vicini a strappare l’intesa per i secondi piuttosto che per i primi. L’Italia, insieme a Francia e Spagna, sta inoltre premendo anche sull’esenzione totale per i formaggi a pasta dura. Acciaio, alluminio e rame, come già annunciato, manterranno dazi del 50 per cento per esportazioni al di sopra di determinati volumi ma - novità - sarà introdotto un sistema di contingenti tariffari basato sui flussi commerciali storici. Sotto soglia, si applicheranno le normali tariffe, generalmente basse: i dettagli tecnici, in ogni caso, non sono ancora stati definiti e verranno perfezionati più avanti.

L’Unione europea, dal canto suo, limerà verso il basso le proprie tariffe su circa 70 miliardi di euro di importazioni dagli Stati Uniti. Le riduzioni riguarderanno principalmente prodotti agricoli non sensibili - tra cui noci, formaggi, pesce lavorato, bisonte e cibo per animali - e beni industriali quali macchinari, fertilizzanti e veicoli. Per questi ultimi, è previsto l’azzeramento della tariffa attuale del 2,5 per cento. Nessuna concessione sarà fatta agli States su prodotti agricoli sensibili, come carne bovina, pollame, zucchero, riso e alcol.

Quanto alla famosa “web tax”. «non è stato preso alcun impegno sulla regolamentazione del digitale, né sulla tassazione dei servizi digitali che, peraltro, non rientra nelle competenze Ue», hanno spiegato fonti europee.

LE STIME DEGLI ESPERTI

Niente drammi, dunque. In un articolo sul Wall Street Journal, Bertrand Benoit, capo della redazione tedesca, ha spiegato che l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Ue non danneggerà molto l’Europa. Secondo le stime di Julian Hinz, direttore della politica commerciale all’Istituto Kiel per l’Economia Mondiale, Italia e Francia subirebbero cali del Pil rispettivamente solo dello 0,01 e dello 0,02 per cento. Quanto alla Germania, invece, tra un anno il prodotto interno lordo tedesco dovrebbe essere scendere dello 0,13 per cento. Al contrario, il sistema dei dazi potrebbe ridurre il Pil americano dell’1,15 per cento. Il sentiment degli economisti europei è comune: i costi dell’accordo aumenteranno nel tempo e una parte significativa di questi sarà sostenuta dalle imprese e dalle famiglie a stelle e strisce. Secondo gli esperti di Capital Economics, invece, i dazi avranno effetti leggermente maggiori ma comunque contenuti: parlano di una riduzione del Pil Ue dello 0,2 per cento nei prossimi tre anni.

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