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Meloni, in Ue passa la linea italiana: nuove regole per ecologia e immigrati

Sono sempre di più i governi europei che vogliono rimediare agli errori della scorsa legislatura. Ed ecco che la premier guida chi cerca "soluzioni innovative" per chiudere le frontiere e fa squadra con Merz sui vincoli per i motori
di Fausto Cariotivenerdì 24 ottobre 2025
Meloni, in Ue passa la linea italiana: nuove regole per ecologia e immigrati

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Accelerare la svolta sull’immigrazione e riscrivere le regole del Green deal, mettendo la flessibilità e la neutralità tecnologica al posto degli obblighi -capestro introdotti nella scorsa legislatura europea. Il progetto di Giorgia Meloni – e di un numero crescente di altri leader – ha fatto un passo avanti ieri a Bruxelles, nel vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi Ue. Nella lotta all’immigrazione irregolare il governo italiano si conferma capofila. Una riunione tecnica, cui parteciparanno i funzionari dei governi, si terrà a Roma il 5 novembre, per accelerare i negoziati relativi al nuovo regolamento sui rimpatri e alla lista Ue dei Paesi di origine sicuri (quelli i cui cittadini potranno essere trasferiti nei centri in Albania). Il risultato del loro lavoro sarà poi sottoposto alla ratifica dei ventisette capi di Stato e di governo. È il frutto dell’insistenza della premier italiana. Assieme alla danese Mette Frederiksen e all’olandese Dick Schoof, prima che iniziasse il vertice ufficiale Meloni ha organizzato una riunione informale con i leader che ritengono necessarie «soluzioni innovative» al problema dell’immigrazione. Un gruppo nutrito: hanno partecipato anche i capi di Stato o di governo di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia e Svezia. Tredici “falchi”, che intendono lavorare insieme per rendere più efficace il controllo delle frontiere. Ursula von der Leyen era lì e ha preso appunti.

L’altro imperativo della premier riguarda la «transizione climatica» e il suo impatto sull’industria, in particolare quella automobilistica. È un tema su cui il governo italiano e quello tedesco, guidato dal cancelliere Friedrich Merz, parlano una lingua simile. Meloni ne ha discusso a quattr’occhi con la presidente della commissione Ue, cui ha spiegato che servono provvedimenti urgenti a sostegno del settore automobilistico e delle industrie ad alto consumo energetico, per le quali occorre ridurre i prezzi dell’elettricità. Gli ostacoli alla revisione del Green deal si chiamano Francia e Spagna, i cui governi attraversano però un brutto momento. E accanto all’esecutivo di Roma c’è un gruppo sempre più vasto. La destra europea, il Partito popolare europeo, che ha la maggioranza relativa nel parlamento di Strasburgo, e i governi dell’est Europa, sostengono che la causa principale della scarsa competitività dell’industria Ue è il piano europeo di decarbonizzazione forzata, e non intendono accettare obiettivi climatici più ambiziosi.

La commissione Ue, in questo caso, è parte del problema. Ha proposto un emendamento alla legge europea per il clima, che imporrebbe di ridurre del 90% le emissioni entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990: un modo per rendere ancora più veloce il percorso verso le zero emissioni. Illustrando la sua posizione in parlamento mercoledì, Meloni era stata categorica: «L’Italia non potrà sostenere la proposta della commissione, a maggior ragione se non sarà accompagnata da un vero e sostanziale cambio di approccio». Posizione ribadita ieri.

Agli obblighi rigidi introdotti negli scorsi anni, Meloni e i leader che si sono mossi con lei intendono sostituire uno schema flessibile, che consenta di ridurre le emissioni di CO2 senza strozzare le industrie europee a vantaggio di quelle cinesi. È la linea che ha prevalso nel documento finale sottoscritto dai leader, in cui si ritiene necessaria una «clausola di revisione» per riesaminare gli obiettivi da raggiungere nel 2024 «alla luce delle più recenti prove scientifiche, dei progressi tecnologici e delle sfide e opportunità in evoluzione per la competitività globale dell’Ue». «Abbiamo sottolineato la necessità di essere pragmatici e flessibili nella nostra strategia», ha detto il presidente del consiglio Ue, Antonio Costa, al termine della discussione. Dove «pragmatismo» e «flessibilità» sono le parole d’ordine che indicano l’abbandono del dogma ideologico.

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C’è l’impronta italiana anche nella richiesta, rivolta alla commissione dai ventisette leader, di rivedere il regolamento Ue che impone lo stop alla vendita di nuovi veicoli a benzina e diesel nel 2035. Una correzione che deve essere fatta entro la fine dell’anno «tenendo conto della neutralità tecnologica», concetto che viene applicato per la prima volta all’industria automobilistica e apre la porta all’uso dei bio-carburanti. «Che possono contribuire alla decarbonizzazione e devono essere consentiti anche dopo il 2035», aveva detto la premier in parlamento.