Ursula von der Leyen e Friedrich Merz "fregati". Accade durante il Consiglio europeo, dove la Germania è caduta nella trappola. Quest'ultima si è consumata quando nell'ultimo documento concordato tra l'esecutivo europeo e il governo belga sulle garanzie da prestare per l'uso dei beni del Cremlino, compariva tra parentesi la parola "uncapped", tradotto garanzie dei partner in favore del Belgio senza limiti, anche oltre i 210 miliardi degli asset russi in caso di problemi legali. Eppure il passaggio del testo era tra parentesi, in quanto era l'unico senza l'intesa tra i due interlocutori. "Ma senza quel termine – avrebbe dette il premier del Belgio poco prima – io non posso essere favorevole". Ecco allora che per Repubblica sarebbe stata questa frase il campanello d'avvio.
Nella consapevolezza che von der Leyen fino all'ultimo ripeteva che "l'unica soluzione praticabile è l'utilizzo dei beni russi". Linea condivisa in toto da Merz che aggiungeva: "Mai nuovi eurobond". Ma una maggioranza occulta si era già formata. "E allora – hanno domandato Macron e Meloni – perché non trovare spazio nel bilancio europeo?". La risposta di von der Leyen ha a sua volta svelato il patto con Berlino: "Serve l'unanimità. E non mi pare che ci sia". Da qui l'imprevedibile. A prendere la parola è stato il presidente del Consiglio europeo, Antònio Costa. "Viktor – ha chiesto rivolgendosi a Orbán – ma tu saresti disponibile a votare la possibilità di emettere eurobond?". La risposta del premier ungherese è stata lunghissima. Piena di critiche all'Ue e di apprezzamenti alla Russia: "Sapete che a me non piace bloccare le decisioni, mettere il veto. Quindi, io non partecipo agli eurobond ma consento che voi lo facciate".
Insomma, il kingmaker è stato proprio Costa, che fin dal vertice di ottobre aveva assicurato che l’Ue avrebbe aiutato Kiev senza insistere su alcuna opzione. E alla fine la Germania e i Frugali hanno accettato un debito comune per 90 miliardi dopo appena sei ore di negoziato.




