La giovane mamma sudanese Meriam sarà impiccata perché si è rifiutata di rinnegare Gesù Cristo e di convertirsi all’Islam. Sarà salvata da quella tragica sorte soltanto se la pressione internazionale si farà insostenibile per la crudele tirannia di Karthoum. Al momento resta infatti valida la condanna a morte già decretata, e non c’è nessuna vera garanzia che il verdetto possa essere rivisto, come qualcuno frettolosamente ha affermato. Non si può credere infatti a quello che fa trapelare il regime col solo scopo di allentare la pressione internazionale: basti pensare che qualche anno fa la Corte Suprema sudanese stabilì che per gli apostati, che avevano abbandonato la pratica religiosa islamica convertendosi al cristianesimo, era costituzionale addirittura la crocifissione. Inoltre per Meriam resta in ogni caso certa la condanna alle cento frustate come pena per aver sposato un cristiano. Per questo è necessario che l’indignazione si faccia sentire com’è accaduto finora, e che finanche aumenti. Dunque, come già ha fatto la nunziatura apostolica in Sudan, vorrei fare appello anch’io a Papa Francesco, sempre così solerte e incisivo. Ma sono sicuro che non ha bisogno della nostra richiesta e farà sentire il suo (ben noto) «Vergogna! Vergogna! Vergogna!» ai despoti sudanesi e in tutte le sedi internazionali. Anche perché nessuno, domani, possa imbastire processi morali sui suoi silenzi come quello che fu imbastito contro Pio XII (che in realtà parlò e più volte, sebbene il Vaticano fosse circondato dalle truppe naziste e contro il Papa fosse già stato preparato un piano di deportazione). Parlerà, Papa Francesco, non dubitate. E le sue non saranno due parolette formali alla fine dell’Angelus, ma farà sentire alta la sua voce e la sua indignazione per questa sanguinaria barbarie contro una povera madre indifesa e innocente. Oltretutto c’è bisogno non solo che venga cassata la sentenza di condanna a morte, ma pure che venga cancellata la pena delle cento frustate, e soprattutto che Mariam venga subito liberata: questo è l’obiettivo immediato e più urgente. Leggi l'articolo integrale di Antonio Socci su Libero in edicola domenica 18 maggio
