A Napoli qualcuno tira in ballo Uccelli di Alfred Hitchcock. La realtà non è come quella di Hollywood ma sulle zone costiere della Campania l'allarme gabbiani c'è eccome. Questi volatili di medie dimensioni sempre più spesso nidificano sui terrazzi dei centri abitati e per difendere i pulli, i loro pulcini, non esitano ad attaccare l'uomo, che così si trova in molti casi "barricato" in casa. Se i piccoli cadono dal nido, l'aggressività degli esemplari adulti aumenta esponenzialmente. I pericoli sono anche per animali domestici e da cortile, compresi cani e gatti di piccola taglia, che non in qualche caso vengono cacciati da gabbiani sempre più affamati. Una convivenza difficile che ha portato l'Ambito territoriale della Caccia di Napoli, ente istituito dalla Provincia ma senza fondi pubblici, a creare Sos Gabbiani, progetto sperimentale e primo in Italia impegnato nell'attività di soccorso per i cittadini "assediati" dai gabbiani comuni. "Siamo tutti volontari: cacciatori, agricoltori, ambientalisti. Abbiamo creato un'armonia quasi impossibile in questo Paese", spiega a Liberoquotidiano.it il presidente Sergio Sorrentino. Oltre 50 interventi - Delle richieste di aiuto fino ad oggi se ne sono occupate, senza coordinamento e senza competenze chiare, vigili, polizia municipale, associazioni ambientaliste. "L'associazione è nata proprio per colmare un vuoto, i cittadini erano disorientati. Noi ci appoggiamo alle competenze di avvocati, medici e veterinari già presenti sul territorio, in vario modo". In circa un mese di vita, Sos Gabbiani ha già operato una cinquantina di interventi. "Tutto a spese nostre - sottolinea Sorrentino -, senza aiuti economici da Comuni e Provincia. Per esempio, abbiamo liberato una Villa comunale a Portici chiusa per gabbiani solo con le nostre risorse. E pensare che in molti casi si buttano centinaia di migliaia di euro in iniziative che non danno risultati". L'obiettivo dei volontari, che hanno organizzato "missioni" a Napoli città, Torre Annunziata, Torre del Greco fino a Salerno, fuori provincia, è "tutelare la biodiversità, vista anche dalla parte dell'uomo e non solo degli animali. Quello dei gabbiani è un problema che riguarda i campani, i gabbiani di altre specie messi a rischio dal gabbiano comune, altri volatili di piccole dimensioni che diventano spesso prede dei gabbiani affamati". Gli interventi di "messa in sicurezza" dei nidi sono semplici: "Appena arriva la segnalazione, attiviamo la squadra, facciamo un sopralluogo e poi agiamo. Se siamo su un terrazzo, isoliamo il nido per 20 giorni, il tempo necessario allo svezzamento dei pulli. Mettiamo dissuasori, come carta stagnola, specchietti e bandierine colorate, per tenere i gabbiani lontano dai residenti e contemporaneamente dare loro la sensazione di essere protetti e al sicuro e di non sentirsi aggrediti dall'uomo. E una volta cresciuto il pullo, i gabbiani lasciano il terrazzo". "Seconda mossa: sterilizzazione" - Il problema maggiore è la mancanza di conoscenza del fenomeno-gabbiani: "Servirebbe un censimento - lamenta il presidente Sorrentino -, anche per questo abbiamo creato un centro di monitoraggio con l'Università Federico II di Napoli. I gabbiani stanno cambiando abitudini alimentari e non solo. Non mangiano più solo pesce, ma si cibano anche di rifiuti cittadini. Inoltre, sempre più spesso trascorrono le giornate nelle discariche nell'entroterra per tornare al tramonto sulla costa. E l'emergenza-monnezza che ciclicamente colpisce il centro cittadino non aiuta". Il gabbiano comune è comunque specie protetta: "Molti vedono il cacciatore come salvatore. Ci dicono: Venite qua, sparategli. Ma non si può fare, bisogna salvaguardare tutte le specie". I metodi usati sono tutt'altro che rudi, tanto che uno degli operatori, Fabio Procaccini, è stato ribattezzato dalla stampa locale "l'uomo che sussurra ai gabbiani". Il soccorso da solo, però, non basta. "Il secondo passo - è la proposta di Sorrentino - è operare una sterilizzazione tramite mangimi, come avvenuto altrove per colombe e cinghiali. L'aumento della popolazione dei gabbiani è un problema di spazi ma anche sanitario. Finora l'animalismo tout court non ha funzionato. Si è occupato più di raccogliere qualche voto che di affrontare seriamente il problema. Che non è solo degli animali, ma anche degli uomini".