Nicola Rizzoli ieri era osservato speciale. Dopo la serataccia dello spagnolo Velasco, bersagliato da critiche e insulti per la morbida e inadeguata direzione di Brasile-Colombia, l’unico fischietto italiano al Mondiale non poteva fallire. E non ha fallito, complice anche un Argentina-Belgio privo di elevati momenti agonistici o tensioni personali fra i giocatori. Certo, ha sventolato con puntualità i cartellini gialli (tre), insieme ai segnalinee Faverani e Stefani ha visto i fuorigioco che c’erano ma non ha mai fatto scenate, non ha gesticolato a sproposito (come il Moreno ammirato durante Italia-Costa Rica): ha spiegato, Rizzoli, quello che c’era da spiegare ma senza aprire battibecchi. Fondamentale per avere rispetto, tenere le distanze e non perdere tempo, all’insegna del tacito patto con i giocatori: «Aiutiamoci». Rizzoli lo abbiamo bersagliato a suo tempo. Lo abbiamo fatto quando a Catania nel match vinto dalla Juve sbagliò tutto da assistente di porta, e pure quando contribuì all’annullamento del gol di Montolivo nel derby di Milano. Lo abbiamo massacrato quando ha toppato nel derby di Torino, graziando il già ammonito Vidal e non concendendo un solare rigore ai granata che poteva significare il pari. Oggi è il momento di stare dalla sua parte. In Brasile aveva già diretto Spagna-Olanda e Nigeria-Argentina, entrambi filati via lisci e anzi culminati con un siparietto. Protagonista Vincent Enyeama, porietre nigeriano, che la butta sul ridere: «Ma proprio oggi che gioco io contro Messi dovete dargli tutti questi calci di punizione? Leo è il più forte di tutti, mentre io sono una m…». «Ma anche voi siete bravi: se non lo fosse stati, non sareste qui», la replica sorridente di Rizzoli. Che anche ieri a Brasilia ha superato l’esame. Candidarlo alla finale non pare un’eresia, il principale avversario è l’inglese Webb: ma lui la finale mondiale l’ha già arbitrata quattro anni fa. (LOTO)