«No, guarda. Niente interviste, non ho tempo. Fatemi lavorare, magari più in là…». Alfredo Pezzotti, da Marino (Castelli Romani), 51 anni, la metà dei quali passati all’ombra di Berlusconi, la mattina di buon’ora - intorno alle 10 - di una giornata tipo che non finisce mai prima dell’1-2 di notte, sta sulla pedana con i quattro tavoli all’esterno del suo ristorante a via Metastasio, nel cuore dei Palazzi del potere a Roma, come il comandante sulla tolda della nave. Adesso e durante il giorno si concede un attimo di relax con sigaretta. Fissa un punto che vede solo lui. Non dà l’idea di uno che non vede l’ora di farsi fare domande. Ma se volete che l’ex maggiordomo di Silvio si apra al sorriso, chiedetegli di lui. Sei sempre in buoni rapporti? «Ottimi. Sono stati 25 anni bellissimi...» e sospira (per davvero). Perché te ne sei andato o sei stato licenziato da Palazzo Grazioli? «Ma quale licenziato, non diciamo idiozie. È un po’ come quando finisce un matrimonio. E io avevo questo sogno, di aprire un mio ristorante...». Il sogno ha compiuto sei mesi. Come vanno le cose? «Bene. Certo c’è voluto coraggio in un momento come questo. C’ho speso un sacco di soldi... Vieni, vieni che ti faccio vedere i due privè». Il ghiaccio è rotto. In sala una ventina di tavoli, molto curati. Del servizio si occupa la moglie («porella, lavorava nella sanità, s’è licenziata e l’ho coinvolta in questa avventura»), in cucina i menu sono sotto la supervisione dello chef Fabio Campioli; Alfredo accoglie i clienti. Ed ecco il privè, luci soffuse, pareti a prova di gossip. «Ho fatto potenziare anche la ricezione dei telefonini, perché a una cena o a un pranzo di lavoro mica possono stare con i cellulari che non prendono» dice con orgoglio, «l’altro è sopra». Il ristorante ha già il suo giro. Ci vengono Verdini, Gasparri. Passa una signora che deve essere un’habituè e ordina la coda alla vaccinara. «Ieri le ho preparato il coniglio, facciamo anche cose così…». Pare che qualche giorno fa si sia vista Elisabeth Brock, la boss dell’edizione americana di Masterchef. Ha apprezzato in particolare i ravioli di patate e carote su letto di rucola e i tonnarelli con gamberoni di Mazara al lime. «È impazzita...». L’incontro con il Cavaliere? È presto detto. Alfredo è il barman per la società di catering che forniva il Palatino, una delle sedi romane di Mediaset. E Berlusconi se lo porta con sé come maggiordomo nella prima residenza nella Capitale, a Santa Maria dell’Anima, dietro piazza Navona, e poi a Palazzo Grazioli e in giro per il mondo, per un quarto di secolo. Non sarai mica stato tu a comprare i fagiolini a 80 euro al chilo? «Quante cattiverie sono state dette» risponde distaccato. E qui bisogna interpretare i silenzi di Alfredo: non solo non era lui che faceva la spesa ma l’impressione è che ’sta storia dei fagiolini a 80 euro sia una mezza bufala. Berlusconi lo ha aiutato generosamente per aprire il ristorante. Conferma. Ed è vero che aveva suggerito: «Chiamalo Bunga bunga»? «Sì sì, è vero. E io ho gli risposto: dottò, così chiudiamo ancora prima di cominciare...». Il che dimostra come del Cavaliere tutto si può dire meno che non sia un genio del commercio: gli avesse dato retta Alfredo in sei mesi sarebbe ad aprire come minimo il terzo ristorante «Bunga bunga» di una catena. Invece ha preferito il più sobrio «Il palato di Alfredo». Che comunque viene da una frase ricorrente che Silvio diceva ai suoi ospiti: «Il palato di Alfredo non sbaglia mai». E dall’esperienza di serate eleganti e bunga bunga si può consigliare un piatto afrodisiaco del presidente? Pare siano gli spaghetti pomodoro e basilico. di Pierangelo Maurizio pierangelo.maurizio@alice.it