Roma, 20 giu. (Adnkronos) - "La legge italiana e quella europea sono inequivocabili: prevedono che ogni richiedente asilo che arriva in Italia senza adeguati mezzi di sostentamento ha diritto a forme materiali di accoglienza sin dal momento in cui presenta domanda di protezione. La ragione e' chiara, sono persone in fuga dai loro paesi di origine perche' perseguitate, per una guerra in corso, scappano per mettere in salvo la propria vita cercando di arrivare in un Paese sicuro senza, molto spesso, alcun tipo di mezzo di sostentamento. E' grave che persone che hanno diritti riconosciuti vivano mesi per strada. Perche' devono pagare loro sulla loro pelle quello che non funziona nel sistema italiano?". E' quando si chiede Christopher Hein direttore del Cir, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato che si celebra oggi. Di regola - si legge in una nota del Cir - un richiedente asilo dovrebbe essere accolto a seconda della condizione personale nei Cara, centri governativi, o nello Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, sistema pero' numericamente insufficiente, nel 2013 erano previsti solo 3.700 posti che dovrebbero a breve essere potenziati a 5.000. Ma ormai anche i Cara italiani - denuncia il Cir - sono al limite della loro capacita' recettiva e non hanno piu' la possibilita' di inserire nuovi richiedenti asilo. Sono molte, in diverse parti d'Italia, le persone costrette ad attendere settimane o mesi prima di vedersi riconosciuto un diritto individuale. Qualora non ci sia posto ne' nel circuito dello Sprar ne' in quello dei Cara, la legge prevede, che i richiedenti asilo ricevano un contributo economico giornaliero dalle Prefetture. Contributo che, come Cir, non abbiamo mai visto erogare. "Pensiamo siano molto positive le parole del ministro Alfano che ha annunciato un aumento fino a 8.000 posti dello Sprar, ma speriamo che alle parole seguano subito dei fatti concreti. E che dai centri di accoglienza si entra e si esca con una buona continuita', senza ingolfare il sistema, per fare questo sempre di piu' si dovra' puntare su percorsi di integrazione che facilitino l'uscita" conclude Hein.