Napolitano come Craxi e Silvio "Giudici assassini"

di Lucia Espositodomenica 29 luglio 2012
Napolitano come Craxi e Silvio "Giudici assassini"
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  Girgio Napolitano come Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Il capo dello Stato che, da capo della Magistratura, attacca i magistrati. Anche lui vittima, davanti alla morte del suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, di quella che ha chiamato "una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose in cui era stato di recente pubblicamente esposto". I sospetti su D'Ambrosio e sul suo presunto ruolo nella trattativa Stato-mafia, con la pubblicazione della sua telefonata con l'ex ministro Nicola Mancino (per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio) che lo aveva contattato per ribadire la sua estraneità all'inchiesta e chidere aiuto per non essere coinvolto nell'inchiesta. A giugno il Colle era sceso in campo sottolineando come "in relazione ad alcuni commenti di stampa sul contenuto di intercettazioni di colloqui telefonici tra il senatore Nicola Mancino e uno dei consiglieri del Presidente della Repubblica parlare a questo proposito di misteri del Quirinale è soltanto risibile. Ieri nel primo pomeriggio Loris D'Ambrosio, 65 anni, era alla Cedem, la casa editrice romana specializzata in testi giuridici per correggere le bozze di un suo libro. Si è sentito male. Un attacco al cuore. Ed è morto sul colpo. D'Ambrosio era angosciato per la vicenda della sua telefonata finita agli atti dell'inchiesta palermitana coordinata dal pm Ingroia, ma come ha spiegato il Quirinale non era preoccupato per sé (che si era limitato ad ascoltare la chiamata e che non avrebbe dovuto essere intercettato) ma per il fatto che si usassero le sue telefonate per colpire Giorgio Napolitano.  Il cordoglio della politica Dalla politica sono arrivati messaggi di cordoglio che lasciano trasparire la stessa accusa espressa da Napolitano. Casini parla di «amare riflessioni», Gaetano Quagliariello invita a un «tempo di riflessione». Unica voce polemica è quella di Antonio Di Pietro, che respinge «con fermezza al mittente ogni strumentalizzazione che ne viene fatta, quasi a voler far credere che la colpa sia di chi ha criticato il suo operato e non di chi ha tentato di sfruttare il suo ruolo».Unica voce fuori dal coro è quella di Di Pietro che respinge al mittente le strumentalizzazioni  che ne viene fatta quasi che la colpa sia di chi ha criticato il suo operato e non di chi ha tentato di sfruttare il suo ruolo.