Per l’imprenditore «investire nelle risorse umane è fondamentale per garantire qualità e continuità nell’assistenza agli anziani».
Massimo Blasoni, fondatore e proprietario del Gruppo Sereni Orizzonti, secondo operatore in Italia con 6.500 posti letto in RSA e 3800 dipendenti, lancia l’allarme: «La carenza di personale sanitario e operatori sociosanitari sta mettendo in difficoltà il settore dell’assistenza agli anziani. Servono interventi per aumentare il numero degli operatori con più corsi di laurea e facilitando l’ingresso di infermieri ed assistenti da altri Paesi».
Blasoni, quanto è grave oggi la carenza di personale nelle RSA?
Premetto che il problema riguarda anche l’assistenza a domicilio, in Italia ci sono 4.6 milioni di anziani sopra gli 80 anni e molti di loro necessitano di cure. Mancano infermieri e operatori sociosanitari ma anche fisioterapisti e educatori sanitari. Quelli che ci sono, visto il numero insufficiente, vengono contesi da ospedali, RSA e strutture del territorio. Si assiste ad un fenomeno di frequente migrazione di professionisti da una struttura ad un’altra per modesti incrementi retributivi con possibili conseguenze sulla continuità assistenziale. Se in passato l’obiettivo era il posto fisso, meglio se pubblico, ora per molti è preferibile la libera professione. Nulla di male, tuttavia il rischio è quello di generare una spirale senza fine che impoverisce la nostra sanità mentre la domanda di assistenza agli anziani cresce rapidamente, perché la popolazione invecchia e le famiglie non riescono a gestire in casa problematiche sanitarie.
Perché non si trovano più professionisti disponibili?
Perché non ce ne sono a sufficienza. L’Italia ha un numero di infermieri per abitante tra i più bassi d’Europa. Le scuole professionali formano pochi OSS, i corsi universitari in area sanitaria sono spesso disertati. Si pensi che nel 2022 in Italia si sono laureati solo 16,4 infermieri ogni 100.000 abitanti, a fronte di una media OCSE di 44,9. In più, una parte importante degli operatori abbandona il lavoro entro pochi anni, per stanchezza o per trasferirsi all’estero.
Quali sono le conseguenze per l’assistenza e per le famiglie?
Si rischia di abbassare i livelli qualitativi. Gli operatori sono costretti a fare gli straordinari per garantire l’assistenza agli ospiti, mentre le famiglie subiscono da un lato l’aumento delle rette causato dall’inflazione, dall’altro una difficoltà maggiore a trovare strutture in numero adeguato.
Le RSA oggi sono molto diverse rispetto al passato?
Sì. Non sono più “case di riposo”. Accogliamo sempre più pazienti con insufficienze gravi, Alzheimer e altre malattie degenerative. Di fatto la contrazione dell’offerta ospedaliera ha spinto il legislatore ad attribuire un ruolo più sanitario alle RSA.
Quali soluzioni propone?
Servono almeno tre azioni concrete. Potenziare la formazione, con più borse di studio per infermieri e corsi regionali per OSS. In secondo luogo, incentivare l’ingresso di personale qualificato straniero, con percorsi rapidi e controllati per il riconoscimento dei titoli. Terzo: introdurre un meccanismo di sostegno alle famiglie per il pagamento delle rette, magari con un fondo per la non autosufficienza sul modello tedesco.
Una previdenza integrativa per l’assistenza?
Esatto. In Germania funziona da anni: il cittadino versa un piccolo contributo che garantisce supporto economico nel momento in cui diventa non autosufficiente. In Italia manca del tutto. Così l’onere ricade interamente sulle famiglie, che spesso non ce la fanno.
E il suo gruppo? Come affronta la crisi?
Sereni Orizzonti investe su tre fronti: innovazione, riqualificazione del personale interno e costruzione di nuove residenze “intelligenti”, domotiche, sostenibili. Abbiamo in piano un investimento di oltre 200 milioni di euro nel quinquennio 2025-2029, con l’obiettivo di arrivare a 10.000 posti letto complessivi.