Tornatore si racconta: la carriera e i progetti per il futuro

di Annamaria Piacentinilunedì 7 luglio 2025
Tornatore si racconta: la carriera e i progetti per il futuro
3' di lettura

Parlare del Premio Oscar Giuseppe Tornatore è come bere l'acqua pura di un ruscello in una giornata torrida. Perché lui è così: semplice e autentico, autore e regista onesto e geniale che, in ogni suo film ha raccontato la vita, e quelle verità nascoste che sanno regalare emozioni. Dovremmo essere grati ad un uomo come lui, così capace di far parlare del cinema italiano all'estero, di averci regalato rispetto e premi, come l'Oscar che ha ritirato sotto la luce dorata di Hollywood per “Nuovo Cinema Paradiso”, (nel 1990), un capolavoro assoluto. Purtroppo, c'è anche la “politica” degli attori e dei registi, che non vincono mai nulla, e restano a guardare chi sin da ragazzino ha creduto nel cinema. Troppo comodo stare in poltrona senza idee, in attesa di un bel calcio e un congruo “bottino” per rialzarsi e girare l'ennesimo “bidone” dedicato al pubblico. La differenza è tutta qui: Tornatore si è dato da fare da solo senza padrini ne padroni perché ha sempre creduto nella magia del cinema. Ricordiamo alcuni dei suoi film, partendo da un documentario che ha girato a soli 25 anni: Era “Il Diario di Guttuso, del 1983, un mix di aneddoti e ricordi. Fu un successo, Guttuso ne fu felice, si era fidato dell'uomo giusto. In 40 anni di carriera, “Peppuccio” per gli amici, ha diretto film indimenticabili, tra cui: “Nuovo Cinema Paradiso; Il camorrista; Malena; La sconosciuta; La corrispondenza; Stanno tutti bene; La leggenda del pianista sull'oceano; “Baària”; La migliore offerta. Lo incontriamo al primo festival insulare “Baària”, organizzato nella sua città: Bagheria.  È qui che è nato e vissuto, che ha sognato un mondo lontano a cui un giorno avrebbe regalato successi e consensi. Ci ha raccontato, oltre al cinema anche di aver girato molti spot. Cominciamo da qui: “Sono stati selezionati 25 spot su 60, dicono il giornalista e direttore Artistico Andrea di Quarto insieme al critico cinematografico Alberto Anile.  Seguiamo le domande che rivolgono al Maestro:

Tornatore, dopo l'inizio del suo successo, arriva la proposta di realizzare spot pubblicitari: perché decise di farli?

“Mi resi conto subito, della differenza tra uno spot e un film. In quel periodo giravo “Stanno tutti bene “ma accettai e fu un'esperienza importante. Sono passati 35 anni da allora. In seguito, arrivai a parlare anche di biscotti di una nota marca. Ebbi tante altre proposte e nel 1990 anche per una produzione alimentare”.

Era libero di scrivere e decidere?

“In partenza non si può avere tutta la libertà; infatti, mi sono battuto per uno spot che raccomandava una buona colazione. Poi Manuela Cavazzini mi consigliò...”

Cosa?

“In effetti, mi fece capire che bisognava mettersi a disposizione per arricchire il proprio mestiere. Però, ho scritto e girato sempre storie che mi piacevano”.

Girò anche con Monica Bellucci e in seguito nacque un sodalizio, giusto?

“I personaggi che mi avevano ingaggiato, non sapevo neanche chi fossero, si parlava di un profumo. Mi chiamarono e mi dissero: devi farlo tu, in bianco e nero, in Sicilia e in modo sensuale. Avevo già conosciuto la Bellucci e capii che il pregiudizio che girava su di lei, non era giusto”.

Cioè?

“Lei voleva fare un film, aveva studiato ed era molto preparata. Le dissi: se un giorno farò il film giusto ti chiamerò. È così che è nata Malena. Oggi siamo rimasti molto amici”.

Che differenza c'è tra uno spot e un film?

“A parte il lavoro (uno spot richiede poco tempo), nel cinema devi sempre far quadrare i conti. Un esempio? Se devi girare una scena dove ti servono dei cavalli, te ne arrivano un paio. Nello spot che è più ricco, ti mandano quanti cavalli vuoi. Se non fossi stato selettivo avrei potuto fare centinaia di spot.”

Ha toccato anche tematiche forti, come l'Alzheimer...

“Si è trattato di un argomento molto delicato che coinvolgeva migliaia di malati. Cercai di trovare la formula giusta, sapevo che era necessario parlarne”.

È vero che Nicole Kidman voleva girare con lei il film su Leningrado?

“Aveva già accettato, lo disse ufficialmente a Cannes. Ma i produttori si sono succeduti, erano tre o quattro, poi, improvvisamente si è fermato tutto”.

Rimpianti?

“No, bei ricordi. Da ragazzo per finanziarmi filmavo i matrimoni, poi è arrivato il cinema. Avrei potuto fare più film, me lo avevano proposto, ma ho girato solo quelli che piacevano a me. Di questo sono orgoglioso”.