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Eni, la chat tra Descalzi e Granata "con numeri di telefono inesistenti". L'inchiesta di Brescia travolge la procura di Milano: hanno nascosto tutto?

 Fabio De Pasquale

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Le chat nel 2013 con Claudio Descalzi, allora direttore generale Eni e oggi amministratore delegato, e il capo del personale Eni Claudio Granata, consegnate nel novembre 2020 da Vincenzo Armanna alla Procura di Milano per dimostrare che le accuse ai vertici Eni erano vere, risultano essere totalmente false. E per accorgersene, riporta il Corriere della Sera, è bastato controllare che quei numeri fossero davvero di Descalzi e Granata. Insomma, non c'è stato bisogno di chissà quali ricerche informatiche sul telefono di Armanna, reali o meno che siano i profili di inutilizzabilità giuridica adesso evocati dai vertici della Procura di Milano, per respingere l'accusa della Procura di Brescia d'aver taciuto prove a favore delle difese.

 

 

A fine 2020 il pm milanese Paolo Storari si è accorto che quelle utenze nel 2013 non erano di Descalzi e Granata, addirittura nel caso di Descalzi quel numero non esisteva proprio. Ma quando Storari avvisò i suoi capi e i colleghi del processo sulle tangenti Eni in Nigeria, nel quale il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale aveva valorizzato le "pacificamente vere" affermazioni dell'imputato-dichiarante Armanna, colleghi e capi non ritennero di presentare a Tribunale e imputati la circostanza, sopravvenuta su chat mai prodotte da Armanna nel processo ma pur sempre riguardanti interlocutori (Descalzi e Granata) molto accusati da Armanna nel processo.

 

 

Il 5 novembre 2020 Storari si fa dare da Armanna il telefonino, che non era mai stato sequestrato. Dentro, in effetti, ci sono le chat del 2013 con Descalzi e Granata: ma sono vere? E, prima ancora, quei numeri almeno esistevano? La risposta è stata poi negativa. E dall'indagine bresciana sembra di capire che Storari ci sia arrivato semplicemente partendo dall'anagrafe di Vodafone.  Insomma, non serviva certo un colpo di genio. 

 

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