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Giustizia, l'affondo di Gaia Tortora contro Sergio Mattarella: "Cossiga sguainava la spada", dal Colle un silenzio sospetto

Francesco Specchia
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Il dolce sorriso di Gaia Tortora è increspato da un furore biblico. Le cronache registrano l'ennesimo scanda lo sulla magistratura (stavolta i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro indagati per rifiuto d'atti d'ufficio per Eni Shell/Nigeria), la riforma della giustizia rischia di diventare materia plotiniana, logge segrete spuntano come funghi, complotti, arresti. Per chi come lei fa l'anchorwoman e il vicedirettore del TgLa7 e soprattutto porta le stigmate domestiche della malagiustizia è davvero troppo.

Cara Gaia. Non ti ho mai sentito così inferocita. Sei colpita dalla pioggia di arresti (Ilva, Taranto), scontri fra bande e avvisi di garanzia?
«La magistratura sta offrendo uno spettacolo intollerabile, terribile. Ancor più terribile è che non ci sia nessuno che alzi la voce. Qua siamo oltre la riforma del processo. L'altro giorno, addirittura, Palamara in tv lanciava messaggi a chissà chi facendo vedere il WhatsApp su Capristo, procuratore arrestato: "Le pressioni riguardavano solo le correnti nella magistratura. Non mi occupai delle nomine di Taranto ma quando Capristo si presentò per la mia corrente a Bari", come dire: non indagate a Taranto, guardate a Bari. Ma che roba è?».

Il segno dei tempi. La crisi del Csm, la procura di Brescia che indaga su Milano, quella di Taranto su Potenza, logge Ungheria come piovesse, pentiti come Amara che sparlano da Formigli e una settimana dopo vengono arrestati. Che succede?
«Niente, come al solito. Niente. Guarda, il caso De Pasquale su Eni è emblematico di una situazione di assuefazione alla malagiustizia. Tutti a parole condannano, poi nessuno fa niente e i magistrati rimangono alloro posto. E quelli che come me credono ancora nella giustizia si ritrovano invece a filosofeggiare sul "sorteggio" dei membri del Csm, sul "voto singolo trasferibile". Ma dài. E lagen te comune resta a guardare tra errori giudiziari, giustizia lenta, corruzione».

 

 

Stai descrivendo l'apocalisse...
«Sì. Mi chiedo come sia possibile che la gente non scenda in piazza a fare la rivoluzione, qua ci vorrebbe il lanciafiamme. Mi sarei aspettata che Mattarella, presidente anche del Csm, avesse preso posizione, dicendo: "Vi garantisco personalmente che quello che è successo non succederà più", come ha fatto Draghi con l'Europa. Cossiga lo faceva, sguainava la spada. Invece qui vanno avanti a piccoli accorgimenti, pannicelli caldi, ignorando gli enormi problemi».

Via, ci sono comunque molti magistrati onesti che fanno il loro dovere. Non siamo forse noi giornalisti a sobillare il peggio in tv e sui giornali, ad insistere nell'ombra, ad invitare, per dire, Davigo con il suo ipergiustizialismo per fare audience?
«Un po' sì. Davigo fa Davigo e noi lo invitiamo per vedere l'effetto che fa. Ma è vero che la maggioranza dei giudici è onesta. Dopo aver visto Palamara in trasmissione una magistra ta giovane si è lamentata ché davamo spazio alla parte oscura senza parlare dei pm silenziosi, che tutti i giorni rischiano facendo il loro lavoro. Le ho risposto: dottoressa, ha ragione, ma svegliatevi, reagite, datevi una mossa. Ma molti non lo fanno per pigrizia, o perché hanno paura del sistema».

Il sistema, per citare Palamara. Ne ha parlato Berlusconi l'altro giorno. Ha detto: «La mia vera malattia sono i giudici». Concordi?
«Berlusconi dal suo punto di vista ha ragione, con una vita scandita da appuntamenti giudiziari. Chi finisce in quel gorgo è destinato al calvario. Mi piacerebbe che i pm rimanessero in aula, evitando di convocare le conferenze stampa e di fare i tuttologi in tv. Mi piacerebbe che non ci fosse gente come Amara che parla col contagocce lanciando messaggi a chissà chi; sto con Paolo Mieli quando dichiara: Amara, lei è un genio e noi dei tontoloni che abbocchiamo alle sue esche. È pazzesco. Sarà che mi chiamo Tortora, ma non sai le lettere che ricevo di cittadini vittime di malagiustizia, di errori giudiziari, di processi lentissimi...».

Salvini e i Radicali stanno raccogliendo le firme per i sei referendum sulla giustizia. Credi che, data l'inerzia trentennale sul tema, sia il modo giusto per arrivare alla riforma del settore?
«Salvini sulla giustizia credo sia coerente. D'altronde, alcuni referendum dei Radicali li aveva già firmati; e dalle forche caudine dei processi c'è passato anche lui. Ed è vero anche che sul tema Giustizia ci sono caduti i governi; è una battaglia che non si può fare da soli. Ci vuole qualcuno che dica: "Signori, fuori tutti, via dal Csm, dall'Amn, da tutti gli organi di potere: azzeriamo, facciamo concorsi, compulsiamo curricula, e facciamo entrare in campo la maggioranza silenziosa, quelli che si fan noun mazzo così"».

 

 

Sì, ma i referendum sono la soluzione giusta? Per esempio Letta del Pd dice di no (anche se Bettini, sempre Pd, apre alla separazione delle carriere)...
«Mi sono stufata: Letta che si inventa la parola "impunisti" evitando "garantisti". Il Pd che si accorge solo ora del tema della separazione delle carriere. I giudizi che si modificano a seconda del momento politico. Scusa, ma non possono pensare di prenderci per il culo così. I referendum? Nel merito vanno bene, sono gli stessi dell'epoca di mio padre, figurati. Semmai ho dubbi nel metodo...».

In che senso nel metodo?
«I referendum sono uno strumento sacrosanto, ma per costruirli, una volta si partiva da un comitato che coinvolgeva tutte le forze politiche e le faceva convergere. Oggi questi sono molto connotati politicamente verso la Lega, c'è una logica di appartenenza, e questo non li fa avvicinare a quelli che sono contro Salvini. È una mossa sbagliata, non è roba da Pannella. Certo - parliamoci chiaro i Radicali si sono appoggiati alla Lega per avere il maggior numero di firme nel minor tempo possibile. Li capisco».

I precedenti storici non aiutano. Nell'87 i Radicali fecero quelli sulla responsabilità civile dei magistrati, ma poi l'applicazione della legge fu farraginosissima, di fatto finì nel nulla.
«Appunto. Votato dal popolo e naufragato perché non c'era una forza parlamentare che l'appoggiasse in Parlamento. Ecco il perché dell'avvicinamento dei Radicali alla Lega, adesso. Io per esperienza non sono affatto fiduciosa, se non entra a gamba tesa - ripeto - il Capo dello Stato. Quello che ha dichiarato il professor Flick mi ha fatto riflettere: per cambiare la giustizia in Italia non si può pensare di non toccare la Costituzione».

Si è discusso in questi giorni, sulla scia del rilascio di Brusca con i suoi 150 omicidi, di rivedere la legge sui pentiti. Sei d'accordo?
«Su Brusca sono d'accordo con Maria Falcone che, con dolore, accettava che venisse liberato in virtù di una legge voluta dal fratello. Ovviamente valutando carte, controllando documenti e avvenimenti. Vedi, io non ho perso la speranza, è perché credo ancora nello stato di diritto che tutto questo mi indigna».

 

 

Beh, immagino che la ferita del caso di tuo padre Enzo sia una stigmate antica. Tra l'altro i magistrati che lo perseguirono furono tutti promossi. Non ti chiedo quanto sia doloroso...
«Quei giudici, Di Pietro e Di Persia per esempio, sono stati assegnati a miglior incarico. Poi non mi sono più informata, era troppo. Per questo viene su di tutto quando leggo, oggi, del processo Eni; giro pagina di giornale, ho la sensazione che lagen te si sia ormai anestetizzata. Penso a cosa succederà al pm De Pasquale. Continuerà ad esercitare? Lo rimuovono o lo promuovono? Poi ci sono Gip come quella di Verbania che dissente giudiziosamente dalla Procura e viene rimossa con un timing sospetto...».

La ministra Cartabia spinge per le riforme perché servono e perché ci portano i soldi Ue. Secondo te ce la farà a fare la rivoluzione? La politica e parte della magistratura (il Csm) si stanno già mettendo delicatamente di traverso.
«Lo spero. Cartabia è un po' arenata. Vedo che anche Conte, a DiMartedì, sulla prescrizione fa capire che farà poche concessioni, che messa così è un abominio. Ma il problema vero è la mentalità».

Cioè?
«L'altro giorno dicevo in tv che l'assoluzione di Uggetti, ex sindaco di Lodi, non aveva trovato lo stesso spazio dell'accusa sui giornali e che bisognava stare attenti a giocare con le vite di persone che hanno mogli, figli. Mi sembrava un'affermazione banale. Ma avevo Padellaro del Fatto e la Lezzi ex M5s con gli occhi sbarrati, come avessi detto bestialità. Poi Padellaro è stato sommerso da tweet che mostravano tutte le pagine giustizialiste del Fatto quando era direttore. In una il titolone era: "E adesso andate a prenderli uno aduno". Capisci?».

Capisco che forse tuo papà, fosse ancora in Parlamento, col sorriso un po' triste, si getterebbe a capofitto su questa riforma delle riforme. O sbaglio?
«Parti da un presupposto sbagliato. Mio padre in questo Parlamento non ci starebbe proprio...».

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