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Giustizia, l'ultima follia: le cause sono troppo lunghe? Allora puniamo i cittadini...

Iuri Maria Prado
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Visto che ci sono magistrati (non pochi) che lavorano molto e bene, ma la giustizia funziona poco e male, la prima cura quale dovrebbe essere? Uno direbbe: semplice, far sì che anche gli altri lavorino di più e meglio. Invece sembra che all'inefficienza costituzionale della giustizia sia impossibile porre rimedio ottenendo, innanzitutto, che in quell'amministrazione cominci a essere vigente anziché episodico un costume di ordinario buon servizio. 

 

Perché di questo, dopotutto, dovrebbe trattarsi, di un servizio: possibilmente buono, considerato che i cittadini lo pagano. Quel che invece si insinua, anche con la riforma di cui si sta discutendo in questi giorni, è che se i processi sono troppi e troppo lunghi occorre intervenire non già su quelli che amministrano il servizio, bensì su quelli che ne fruiscono: i cittadini, appunto, sotto sotto trattati come questuanti disturbatori che con le loro rogne affaticano le giornate del funzionariato in toga. E dunque che cosa si fa se ci sono troppi processi? Li vietiamo, obbligando la gente a risolvere le controversie davanti al mediatore, cioè un sotto-burocrate che si interpone tra il diritto del cittadino di avere giustizia e l'incapacità dello Stato di assicurarla. 

 

Oppure: processi troppo lunghi? Bene: mettiamo termini strettissimi, giusto? Giusto se non fosse che ancora una volta li mettiamo tutti a carico di chi tenta di far valere un diritto, cioè il cittadino rompiscatole e il suo complice, cioè l'avvocato, e non a carico di chi quel diritto dovrebbe tutelare: vale a dire il magistrato con il cronometro in mano quando si tratta di misurare i tempi degli altri e invece soggetto a un fuso orario tutto suo quando si discute di studiare e decidere la causa. Ma se la cifra generale della riforma, purtroppo, rischia di essere questa, è perché a ispirarla è ancora tutta intera l'idea che la giustizia non sia un servizio da assicurare ma una corsa a ostacoli arbitrata da un funzionario che se inciampi ti frega in nome di regole scritte per il suo comodo.

 

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