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Giuseppe Conte accusato di sequestro di persona. Covid, un terremoto politico in tribunale

Giuseppe Conte

Giovanni Sallusti
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A furia di maramaldeggiare col reato di sequestro di persona come clava contro l'avversario politico, può capitare che lo strumento ti si rivolti contro. È quello che sta succedendo a Peppino Conte da Volturara Appula, il quale gongola ogni volta che Matteo Salvini deve rispondere della surreale imputazione per essersi rifiutato di fare da mozzo ai trafficanti di uomini, e che oggi si vede rinviato al Tribunale dei Ministri (in qualità di ex premier del governo giallorosso) presso la Corte d'Appello di Bologna con la medesima dicitura. La decisione è del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia Luca Ramponi, che ha scelto di non dare seguito alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm. La denuncia contro l'allora presidente del Consiglio è stata presentata nel gennaio scorso dal signor Augusto Gambarelli, e la notizia del provvedimento del gip l'ha data con un video auto celebrativo sui social l'avvocato Marco Mori, del team legale di Italexit, il movimento di Gianluigi Paragone (l'ex leghista ed ex grillino che si è convinto di essere Boris Johnson, e non lo smuove da questo transfert politico-psicanalitico nemmeno il 2,99% impietosamente raggranellato nella corsa a sindaco di Milano). I reati ipotizzati a carico di Conte erano sequestro di persona, abuso d'ufficio e usurpazione del potere politico, e la toga reggiana ritiene che almeno il primo possa configurarsi.

 

 

LIBERTÀ LIMITATA - Nell'ordinanza ci si chiede infatti se i vari lockdown imposti «mediante gli atti di normazione secondaria richiamati nella notitia crimis» (ovvero i famigerati Dpcm spesso esposti alla nazione in crepuscolari messaggi del premier verso mezzanotte) abbiano determinato «limitazioni alla libertà personale» ingiustificate e anticostituzionali, anche attraverso un utilizzo ingannevole degli «strumenti propri della comunicazione istituzionale (si pensi alle note Faq pubblicate sul sito della presidenza del Consiglio)», che avrebbe surrettiziamente trasformato ad esempio un divieto di spostamento in un «divieto di uscire di casa» assoluto. Detto così a perdifiato sembra che la questione sia davvero legalese-burocratese, eppure qui vorremmo rimanere testardamente ancorati alla sostanza.

 

 

Dietro la notizia indubbia e per certi versi immane, un capo del governo che potrebbe dover rispondere di aver sequestrato 60 milioni di italiani, la ciccia è infatti politica. Che a noi (come a chiunque non abbia il Codice di procedura penale come unica griglia di lettura della realtà, peraltro) suona più o meno come segue. Giuseppe Conte e la sua maggioranza composta dalle due sinistre Pd-Cinque Stelle sono stati la punta avanzata di un processo degenerativo in Occidente che non un cronista alticcio di Libero, mail Premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa ha definito gestione «autoritaria» della pandemia.

 

 

MODELLO CINESE - Sostanzialmente, un'imitazione parziale e a tratti parodistica del "modello cinese" (ricordate le sviolinate al Dragone comunista dello stesso Giuseppi, di Di Maio e altri zelanti ministri, di frotte di virologi governativi?), caratterizzata dall'ossessione monomaniacale delle chiusure, dal disinteresse per il dramma dei non economicamente garantiti che poi sono lo zoccolo produttivo del Paese, dalla disinvoltura nei confronti del fantasma delle libertà negate. È stata una stagione politicamente scellerata e fallimentare rispetto all'emergenza sanitaria e occupazionale, tanto che solo sulle macerie giallorosse è stato possibile costruire il governo Draghi di unità nazionale, caratterizzato da un cambio di paradigma netto: il "rischio ragionato" (essenzialmente, il combinato disposto aperture/campagna vaccinale) al posto del lockdown permanente. Ma, appunto, si trattò di scelleratezze politiche, non criminali. Chi oggi esulta per la bizzarra notizia e già pregusta un inverosimile Conte alla sbarra con la bava alla bocca (nove su dieci il Tribunale dei Ministri archivierà) cade nella stessa fallacia logica del movimento di cui costui è (presunto) leader: il bullismo giustizialista invece della lotta politica. Roba da Travaglio, per capirci. 

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