Nell'annunciare il proprio voto contrario ai referendum sulla giustizia il Pd non fa una scelta politica e di merito: fa una scelta identitaria e di potere. Qualsiasi affermazione dello Stato di diritto, infatti, è per la tradizione post-comunista irrilevante o pericolosa, perché il concetto di "Stato" proprio di quella tradizione non ha nulla a che fare con il diritto. Può essere Stato di polizia, di popolo, di rivoluzione, di giustizia sociale, di resistenza, di pace, di guerra, qualunque cosa: ma non di diritto. Per questo nessuna riforma della giustizia è mai stata promossa da quella tradizione, che anzi le ha avversate pressoché tutte: perché la riconduzione a legalità del potere giudiziario non ha mai rappresentato un'esigenza di chi si identifica nello Stato, sì, ma a condizione di poterlo occupare anziché per sorvegliarne la propensione al sopruso, primo tra tutti quello con cui il potere pubblico si sottrae alla propria legalità. Lo Stato di diritto altro non è che l'argine liberale alla prepotenza dello Stato, ed è esattamente ciò di cui alla teoria e alla pratica di potere confluite nel Pd non importa nulla. Il reazionario bouquet di "no" che i dem oppongono ai referendum è il simbolo di quell'indifferenza.