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Matteo Salvini, chi ha detto sì al "metodo-Palamara" pur di colpire il leghista: una scomoda verità

Francesco Specchia
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Il fallimento romanzesco di un pugno di referendum sacrosanti e "sollecitatori" («indispensabili per sbloccare una crisi causata anche dai magistrati», osserva Sabino Cassese) sta tutto in uno strano paradosso. Per affossare Salvini si è perpetuato, e legittimato, il "metodo Palamara". Pur di non darla vinta alla Lega, la si è data vinta al Sistema. Contenti loro. Sicché il Csm non verrà sfiorato, nella sua composizione fatta di lobbysmo, da alcuna rivoluzione; il carcere preventivo causerà ancora 8mila ingiuste detenzioni l'anno (altro che meglio un colpevole libero che un innocente in galera); molti magistrati continueranno ad usare la Severino come una Vergine di ferro medievale e molti altri butteranno del tutto a mare la separazione delle carriere e il divieto di "porte girevoli" nonostante gli anatemi dell'Europa contro le nostre toghe.

 

 

 

ANCORA LE CORRENTI
In sintesi, la giustizia viene ancora una volta costretta a crocefiggersi su quella giostra di spinte correntizie, di veti incrociati, di decisioni calate dall'alto non tanto in virtù della meritocrazia ma dell'appartenenza. Il "sistema Palamara", appunto. Non si è nemmeno finto di cambiare tutto perché nulla cambiasse. Ma forse, a parte i Radicali, il non- voto è stato trasversale almeno quanto il voto. Secondo una stima Opinio per la Rai il 52,3% dei votanti è di centrodestra, e il 26,4% di centrosinistra. Nel dettaglio: il 21,5% dei votanti è del Pd più 4,9% dell'altra sinistra; il 23,9% di Fratelli d'Italia; l'8,8% di Forza Italia; il 2,1% di Italia Viva, e il 17,5% della Lega. La quale Lega, diciamolo, pur essendone promotrice con i Radicali, e nonostante i digiuni di Calderoli, non s' è mai ammazzata nel difendere i referendum. Non ha mai nemmeno depositato - per dire- le firme raccolte, perdendo così il diritto alle tribune referendarie.

Ora, si è detto di tutto su questo tonante fallimento: i quesiti erano incomprensibili; l'istituto del referendum è oramai logoro e abusato come una marsina mal lavata (negli ultimi quarant' anni ne sono stati evocati 666, proposti solo una settantina); c'è stata una cattivissima informazione, con la Rai che, dedicando solo lo 0,3% alla causa, ha fatto un pessimo servizio pubblico. Tutto vero. Ma, insomma, è inutile girarci attorno. L'astensionismo all'80% resta un macigno inamovibile; ed è stato aggravato dal fatto che, dove si votava perle elezioni amministrative, «era così delegittimato lo strumento referendario che addirittura i cittadini dentro i seggi hanno rifiutato direttamente le schede del referendum e preso solo quelle delle elezioni comunali», come ben sottolinea il presidente della Camera penale di Milano Vinicio Nardo. Il quale - non so come - vede, da avvocato, il bicchiere mezzo pieno. E nota delle differenze importanti che spiccano tra le percentuali «del sì tra il 50% e il 60% per quello sulla legge Severino e quello sulla custodia cautelare e invece le percentuali plebiscitarie sugli altri tre referendum arrivati con i sì sopra il 70%».

 

 

 

NIENTE "GOLPE"
Cioè: comunque chi è andato a votare ha votato decisamente per il "sì". Non è di grande consolazione. Ad un'analisi ottimistica, ciò può spingere il Senato ad un vaglio molto attento della prossima riforma Cartabia sulla Giustizia nella parte già peraltro approvata dalla Camera. Sempre che i magistrati, ebbri del fallito "golpe", non siano tentati di annacquarne ulteriormente il testo che è già un brodino insipido. Ma Giulia Bongiorno, anima giuridica della Lega, previene qualsiasi fuga in avanti delle toghe, portandosi avanti col lavoro: «La riforma Cartabia è in realtà una correzione di alcuni punti del sistema, una correzione positiva ma poco incisiva, blanda. Noi vogliamo renderla più incisiva e cercheremo di migliorarla. Ma non immaginiamoci una rivoluzione. Quella era possibile con i referendum e ora sarà ancora possibile, ma con un percorso più tortuoso». Così la sconfitta verrebbe ridimensionata. Ma "il Sistema", per ora, continua a punteggiare il corso accidentato della giustizia...

 

 

 

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