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Brescia, il giudice che parla poco e agisce (tanto): una toga dalla parte dei cittadini

Matteo Mion
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Da anni i roboanti annunci di riforme della giustizia partoriscono topolini che non modificano la sostanziale inefficienza della macchina giudiziaria. L'ultimo intervento targato Cartabia ha addirittura allarmato l'Ue e l'Italia è tanto per cambiare osservata speciale: «La riforma mette a rischio l'effettività del sistema giudiziario» scrive Bruxelles. Nemmeno la parola agli italiani ha prodotto effetti, infatti il recente referendum su cui né il Colle, sebbene nel discorso d'insediamento alle Camere avesse tuonato in punto giustizia, né Chigi e nemmeno gli stessi promotori hanno speso mezza parola di sostegno, è andato pressochè deserto a favor di balneazione.

 

Ecco allora che i cambiamenti partono dal basso e il giudice Enrico Consolandi, Presidente della Terza Sezione civile del tribunale di Brescia che si occupa di diritto di famiglia, intraprende un'iniziativa virtuosa e intelligente, quindi rara: appende fuori dall'aula due quaderni uno rosa e uno azzurro, uno per i pensieri felici, l'altro per quelli infelici e in buona sostanza per manifestare anche in forma anonima le proprie considerazioni. «Avrò indicazioni sul modo di migliorare il servizio...Ho a che fare tutti i giorni con persone che stanno attraversando momenti difficili. M' interessa sapere cosa pensano, cosa sentono. I loro sentimenti non possono alterare l’applicazione della legge, ma il mio modo di affrontare le loro questioni. Non credo nel giudice oracolare che riceve gli atti ed elabora verdetti.

 

Credo nella giustizia come frutto di un rapporto di qualità con le parti» sono queste le parole sante della toga lombarda che confida, però, anche la propria consapevolezza di attirare le critiche dei detrattori. Da parte nostra solo complimenti al dott. Consolandi, una mosca bianca del vero sistema giudiziario, quello che entra sgangherato e lento nelle case di molti connazionali con basso valore mediatico, ma ad alto impatto sociale ed etico. Infatti le sentenze civili, che l’uomo della strada subisce quotidianamente, non sollevano i titoloni dei Palamara e dei Gratteri,ma toccano il dna e la spina dorsale delle nostre vite private.

Su un quaderno una mamma prega il giudice di occuparsi del caso del figlio maggiorenne, ma disabile e privo di tutela che lei non può assistere senza il provvedimento di autorizzazione del tribunale: «Se la signora non avesse scritto,il suo fascicolo forse sarebbe rimasto là sopra… Invece l’ho visto e oggi stesso potrò valutarlo» spiega il magistrato. Ecco, alla faccia del Pnrr e della digitalizzazione della giustizia, una piccola ed efficace miniriforma che non entrerà nelle valutazioni di Bruxelles, ma nelle case dei bresciani per mano di un giudice laborioso e molto umano. Bastano pochi ingredienti per migliorare la macchina giudiziaria: cuore, testa, olio di gomito e un paio di quaderni. Noi su quello dei pensieri felici scriviamo a caratteri cubitali: «Complimenti e grazie!».

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