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Giorgia Meloni, il nome del ministro che può scatenare le toghe

Paolo Ferrari
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Una delle partite più importanti da parte del prossimo governo di centrodestra si giocherà sicuramente sull'asse via Arenula-piazza Indipendenza. La scelta del futuro ministro della Giustizia, infatti, andrà di pari passo con quella del nuovo vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Uno snodo importantissimo destinato a condizionare gran parte della legislatura. Il motivo è semplice: per portare a termine le riforme della giustizia che il centrodestra ha inserito nel suo programma, sarà inevitabile il confronto con la magistratura. Con gli occhi dell'Europa puntati sull'Italia, Giorgia Meloni, oltre a non commettere errori, deve dunque evitare gli scontri violentissimi con le toghe che in passato hanno caratterizzato tutti i governi di centrodestra che, puntualmente, si sono visti bocciare le riforme sulla giustizia dalla Corte costituzionale. Per non incappare nel rischio "déjà-vu", il centrodestra dovrà muoversi con i piedi di piombo, evitando fughe in avanti.

 

 


ALTO PROFILO
Il primo step sarà la nomina del nuovo ministro della Giustizia. Tutti i leader del centrodestra hanno fatto sapere che sarà una personalità di alto profilo. I nomi che circolano in queste ore sono tanti. L'identikit è quello di una figura che sia al contempo politica e istituzionale, che conosca bene il mondo della giustizia e non sia troppo ostile al corpo dei magistrati. Non sono ammessi salti nel buio. Ecco perché la strada del procuratore di Catanzaro Francesco Gratteri, noto per le sue dure esternazioni nei confronti della classe politica e del ministro uscente Marta Cartabia, difficilmente potrà essere percorribile. Così come per il nome del presidente del Senato Elisabetta Casellati a cui tra l'altro viene spesso rinfacciata la partecipazione alla manifestazione sulle scale del tribunale di Milano in solidarietà a Silvio Berlusconi alla vigilia della sentenza Ruby. Perla responsabile giustizia della Lega, la senatrice Giulia Bongiorno, invece, gli ostacoli sono rappresentati dalla sua attività professionale di penalista (tra i suoi assistiti c'è anche il segretario Matteo Salvini) e dalla sua eccessiva conflittualità con l'intero mondo togato.

 

 


Lo stesso può dirsi di Carlo Nordio, neo eletto alla Camera con Fdi che ha già dichiarato di voler mettere mano alla separazione delle carriere e alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Tra l'altro la scelta dei ministri e dei sottosegretari del futuro governo dovrà molto probabilmente indirizzarsi verso personalità che non siano componenti del nuovo Parlamento. La riduzione del numero dei parlamentari ha come conseguenza la necessità di un impegno costante degli stessi ai lavori della Camera e ancor più a quelli del Senato. Un punto che potrebbe penalizzare il forzista Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia e nuovo inquilino di Palazzo Madama. Superato lo scoglio della nomina del Guardasigilli, toccherà decidere chi mandare al Consiglio Superiore della Magistratura, il cui vicepresidente da decenni è appannaggio esclusivo di un esponente della sinistra. La componente togata, che rappresenta i due terzi del Csm, vede la sinistra giudiziaria in maggioranza. Area e Magistratura democratica hanno 8 consiglieri. A questi devono sommarsi i 4 di Unicost, la corrente di centro che per tradizione ha sempre votato, come raccontato da Luca Palamara, con le toghe progressiste.


Rimangono i 7 consiglieri di Magistratura indipendente, il gruppo moderato, e Andrea Mirenda, il giudice 'anticorrenti' che ha conquistato a sorpresa un posto in Plenum. A loro devono però aggiungersi il procuratore generale della Cassazione, Luigi Salvato, ed il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, entrambi di Md. Sulla carta, se dovessero essere confermate le previsioni della vigilia, e quindi dei 10 laici (7 posti alla maggioranza e 3 alle opposizioni), anche questa volta il centrodestra non avrebbe i numeri per far eleggere un proprio rappresentante come vicepresidente, proseguendo nella tradizione che vede per quel ruolo un esponente del Pd. Sarà, anche in questo caso, fondamentale trovare una figura non "divisiva" che sappia trovare sponda con le toghe. In conclusione, la scelta del ministro della Giustizia e del vicepresidente del Csm costituiranno uno snodo fondamentale per la tenuta del governo in un nuovo rapporto tra politica e magistratura che sappia superare i conflitti esistenti. In questo quadro saranno allora favorite figure non coinvolte in posizioni estremistiche o di bandiera che possano continuare ad alimentare i conflitti tra poteri dello Stato. La Meloni, comunque, ha fatto tesoro in questi anni degli errori commessi dalla sua coalizione in passato e non pare sicuramente intenzionata a fare il bis.

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