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Matteo Renzi chiede aiuto a Nordio: "Quei pm vanno puniti"

Fausto Carioti
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L'asse tra Matteo Renzi e Giorgia Meloni non esiste, e per capirlo basta vedere ciò che i due pensano della direttrice del dipartimento che coordina i servizi segreti, Elisabetta Belloni: a gennaio la leader di Fdi era pronta a votarla per il Quirinale, il capo di Italia Viva riuscì a far saltare l'operazione (e se ne vanta tuttora); oggi lui contesta la decisione della Belloni di opporre il segreto di Stato sulla vicenda dell'Autogrill che tanto è piaciuta alla tramissione Report, e la presidente del Consiglio ribadisce piena fiducia nella Belloni. Tra Renzi e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, invece, l'assonanza di idee è evidente. L'ultimo gesto ieri, quando il leader di Italia Viva ha annunciato un'interrogazione a Nordio, affinché faccia luce su uno degli episodi denunciati nella nuova edizione del libro Il Mostro ed intervenga sulla procura di Firenze.

 

 


In quel volume, il senatore racconta che Luca Turco, procuratore aggiunto nel capoluogo toscano, «ha scelto di non rispettare la sentenza della Corte di Cassazione sul materiale sequestrato a Marco Carrai e contenente, tra le altre cose, il mio estratto conto bancario e le mie intercettazioni. Ha deciso cioè di mandare in Parlamento», ossia all'allora presidente del Copasir, Adolfo Urso, «senza avere il diritto di farlo, del materiale acquisito in modo illegittimo» e che secondo la Cassazione «avrebbe dovuto "restituire all'avente diritto senza trattenimento di copia dei dati"».


SE NE FREGANO DELLA CORTE
Una scelta «di rara gravità», scrive Renzi. «Turco è l'uomo dell'arresto dei miei genitori, dei processi a mezza famiglia, dell'indagine Open. E di molto altro. Possibile che un inquirente possa decidere di non rispettare una decisione della Cassazione?». Domanda che non si sono posti né il Csm, né la procura di Genova, che ha competenza sui colleghi toscani, né chi ha preceduto Nordio, ossia Marta Cartabia. E alla quale adesso, fa sapere l'ex sindaco di Firenze, dovrà rispondere il guardasigilli della Meloni. «C'è la Corte di Cassazione che dice "distruggete quella roba" e loro se ne fregano. È una cosa enorme e su questo ho firmato un'interrogazione al ministro della Giustizia Nordio. Scusa ministro, fammi capire: è legittimo che un pm riceva una sentenza e non la consideri?».

Nell'interrogazione, che dovrebbe essere depositata oggi, Renzi chiede a Nordio cosa voglia fare e se intenda intraprendere azioni sulla procura di Firenze. Sarà interessante vedere cosa risponderà il guardasigilli. Proprio una frase di Nordio, «Questo libro dovrebbe essere studiato alla Scuola superiore della magistratura», campeggia sulla copertina del volume di Renzi, che ieri ha definito il ministro della Giustizia «un signor magistrato, inattaccabile. La scelta migliore fatta da Giorgia Meloni. Lo misureremo».

 

 


CHI DELEGITTIMA LE TOGHE
Renzi ne ha anche per altre toghe protagoniste delle inchieste che lo riguardano, e le chiama per nome. Come il procuratore Luca Creazzo: ogni volta che ne parla o ne scrive, sottolinea che il Csm lo ha giudicato responsabile di avere «molestato sessualmente una collega» e condannato «a una pena ridicola: la perdita di anzianità di due mesi ai fini pensionistici». Quanto basta perché il sindacato dei magistrati, a poche ore dall'arrivo de Il Mostro in libreria, insorga. Secondo l'Anm le dichiarazioni dell'ex premier «possono portare ad una pericolosa delegittimazione dell'operato della magistratura agli occhi dell'opinione pubblica».

Risposta facile di Renzi: «Chi delegittima la magistratura: chi va in udienza perché rispetta i magistrati o chi non rispetta le decisioni della Corte di Cassazione? È normale che un pm come Turco non rispetti la Cassazione? O Creazzo che molesta sessualmente una collega?». Un'altra cosa che al senatore non va giù è che la Belloni abbia opposto il segreto di Stato durante l'interrogatorio cui è stata sottoposta come testimone nelle indagini sulla vicenda Report-Autogrill. Ossia l'incontro tra il leader di Italia Viva e lo 007 Marco Mancini, avvenuto alla stazione di servizio di Fiano Romano la mattina del 23 dicembre 2020, su cui la trasmissione di Sigfrido Ranucci ha fatto decine di puntate. Ad interrogare la Belloni sono stati i legali di Mancini e lei si è rifiutata di rispondere invocando il segreto di Stato, che durerà sino al 2037. «Non so su quali domande sia stato opposto il segreto», dice Renzi. Che si definisce «sinceramente stupito» dalla scelta del direttore del Dis: «Non ho ricordanza di segreto di Stato messo su vicende legate ad un servizio giornalistico...». 

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