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Giuliano Ferrara e le "porcherie dei magistrati": vittoria in tribunale

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Da oggi, si può criticare anche aspramente le parole dei magistrati. A dirlo, con una sentenza suo modo storica (almeno per l'Italia), è un giudice del Tribunale di Roma di cui Claudio Cerasa, direttore del Foglio, tesse pubblicamente le lodi. La sentenza in questione riguarda lo stesso quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, ma è applicabile più o meno a quanto accaduto in questo Paese negli ultimi 30 anni.  

 

 

 

La sentenza afferma "il diritto di non considerare i magistrati come delle entità intoccabili e non criticabili - sottolinea Cerasa -. In sintesi estrema: sì, cari magistrati, care vestali del diritto, le sentenze si possono commentare". Tutto nasce da un articolo di Ferrara datato 30 giugno 2020, titolato "Le porcherie rimosse contro Berlusconi". In quei giorni un relatore della famosa sentenza sul processo Mediaset che portò Silvio Berlusconi a essere condannato per frode fiscale e quindi cacciato dal Senato nel 2013 per effetto della Legge Severino, ammise (al telefono con il Cav) che quel verdetto era "una porcheria".

 

 

 

Aggiungeva Ferrara: "Una manovra oscena di assoggettamento alla casta togata della volontà popolare, della rappresentanza politica e dei diritti dell’opposizione parlamentare". I magistrati che si sentivano chiamati in causa da queste critiche (Antonio Esposito e Claudio D'Isa) hanno querelato il Foglio parlando di "un brutale e volgare attacco" e sostenendo di essere stati accusati di "essere stati parziali, faziosi, non indipendenti nel giudicare il Dott. Berlusconi prestandosi ad un’operazione politica priva dei connotati dell’imparzialità ed indipendenza che devono caratterizzare la condotta del magistrato".

 

 

 

 

La difesa del Foglio si è basata sul diritto di critica, vincendo. "Il tribunale ricorda, anche agli attori, che il diritto di critica si differenzia dal diritto di cronaca poiché non si concretizza nella narrazione di fatti ma nell’espressione di un’opinione - sottolinea Cerasa -, 'che come tale non può pretendersi rigorosamente obbiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti'". E' un passaggio cruciale, perché porta il Tribunale a ricordare che la critica, "oltre che in forma di pacata espressione di una valutazione personale dell’autore", può esprimersi, legittimamente, "anche in forma di aperto dissenso". Anche le parole polemiche di Ferrara, per questo, "non possono ritenersi ingiuriose", prendendo spunto da un fatto obiettivo, la telefonata intercorsa tra il magistrato "pentito" e Berlusconi. 

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