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Carlo Nordio tira dritto: "Basta inchinarsi ai magistrati"

Hoara Borselli
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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è al centro delle polemiche. È lui, ex magistrato, che deve riformare la magistratura. E contro di lui volano le frecce degli ex colleghi. Mentre il governo è sotto attacco, Nordio consegna a Libero in esclusiva la sua verità. Ministro, l’accusano di essersi accorto dell’incongruità della norma sull’imputazione coatta solo dopo che questa norma ha danneggiato un sottosegretario del suo governo... «Allora questa incongruità l’ho criticata già dal 1997, nel mio primo libro sulla giustizia e l’ho ripetuta varie volte in mie pubblicazioni successive».

Qual è la ragione?
«È una ragione squisitamente tecnica perché il codice Vassalli che abbiamo recepito nell’88/89 ha mantenuto il controllo giurisdizionale del giudice, in questo caso del Gip, sull’attività del pubblico ministero come faceva una volta il giudice istruttore. Io ho fatto il giudice istruttore e se il giudice istruttore mandava a giudizio l’imputato anche contro il parere del pubblico ministero che ne avesse chiesto l’assoluzione, in tribunale arrivava tutto il fascicolo processuale. Quindi i giudici potevano farsi un’idea di quelle che erano le tesi dell’accusa, della difesa e dello stesso giudice istruttore perché avevano davanti l’intero fascicolo. Con il codice Vassalli, e questo è il punto cruciale in tribunale, ammesso che si faccia il processo, non arriva nulla, il giudice è completamente vergine. Il fascicolo è vuoto. Vi è solo il certificato penale e se c’è, un’incidente probatorio. Ma è raro. E nel caso di Delmastro non c’è. Allora cosa succede, qual è la contraddizione che il giudice si trova ad avere davanti un fascicolo vuoto? Il suo unico interlocutore non è il gip che ha fatto l’ordinanza ma è il pubblico ministero al quale il giudice chiederà: “Signor pubblico ministero esponga le ragioni dell’accusa”. E il pubblico ministero in questi casi dirà che non ci sono ragioni dell’accusa tanto è vero che verrà chiesto il proscioglimento e quindi il processo è inutile, è contraddittorio. A meno che il giudice non cominci lui a fare tutta una serie di attività... ma questo è in contrasto con il sistema accusatorio dove la prova viene fornita dal dibattito, dal contraddittorio tra accusa e difesa. Torniamo ai principi del vecchio sistema, quando il presidente del tribunale faceva le domande lui, cosa che ancora oggi di tanto in tanto si fa ma questo è irragionevole, è irrazionale perché in contrasto con il sistema accusatorio. Quindi è una questione squisitamente tecnica. Lo dico da anni».

È vero che è pronta una riforma del sistema degli avvisi di garanzia?
«Il disegno di legge che è stato presentato e che adesso va al vaglio dopo la bollinatura e dopo il transito al Quirinale andrà al Parlamento, alla Commissione Giustizia. Il mio lavoro è già stato fatto e non dipende più da me questo. In Parlamento potrà essere modificato, approvato o altro... In questo primo pacchetto che abbiamo presentato visto che volevamo dare un termine ragionevole, entro i primi 8 mesi di governo, abbiamo dato un segnale forte di riforma. Ma c’è una parte che riguarda l’informazione di garanzia ed essenzialmente la sua segretezza. È già stata istituita una commissione perla riforma del codice di procedura penale. Il nostro obbiettivo è attuare integralmente quella che era la volontà del professor Vassalli e realizzarla completamente, ovvero fare un codice di stampo accusatorio anglosassone. Quindi sarà cambiata anche la struttura del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia».

Santanchè, Delmastro, La Russa... È in corso un attacco di un pezzo di magistratura al governo? Attaccano per fermare la riforma secondo lei?
«No, secondo me no. Sono fatti tra loro indipendenti e mi rifiuto di pensare a dei magistrati che vogliono interferire nell’azione governativa attraverso azioni giudiziarie. Non si può però negare che ogni volta che si sia provato a fare una riforma della giustizia è sempre stata bloccata con interventi giudiziari. È vero e anche questo io lo scrivo da 25 anni. La colpa però non deriva da una serie di attacchi della magistratura che possono essere di ordine tecnico, o di ordine politico. La colpa è della politica che ha rinunciato al suo ruolo preminente e che si è chinata davanti alle critiche della magistratura. Nessuno vuole impedire alla magistratura di commentare le leggi sotto il profilo tecnico visto sono loro che le applicano. La colpa della politica è stata quella di aderire o meglio inchinarsi alla magistratura senza dire questo: “Noi ascoltiamo le vostre opinioni ma alla fine decidiamo noi e solo noi perché abbiamo un mandato che secondo la Costituzione deriva dal popolo”».

È vero che sta per proporre una legge costituzionale per la separazione delle carriere?
«Noi fino a questo momento non l’abbiamo proposta. Esiste una proposta in Parlamento depositata da altre forze politiche. Una separazione netta delle carriere esigerebbe una riforma costituzionale, come una riforma netta del consiglio superiore della magistratura. Questo è però nel programma di governo».

Ministro, il reato di abuso d’ufficio sarà cancellato?
«Io mi sono battuto fortemente perché venisse cancellato. La proposta è stata accettata dopo ampi dibattiti nell’ambito delle forze politiche della coalizione. È stata approvata dal consiglio dei ministri. Questo disegno di legge non va sovvertito. Potrà essere ritoccato ma rimane nel suo impianto e quindi io sono certo che il reato d’abuso verrà cancellato. Tra le tante inesattezze che ho ascoltato in questi giorni ci sarebbe quella di una contrarietà dell’Europa. Io già 20 giorni fa in Lussemburgo e l’altro giorno a Tokyo ho incontrato personalmente il commissario per la giustizia in Europa Didier Reynders che si è dichiarato perfettamente soddisfatto delle spiegazioni che ho fornito io e non vi è ragione di dubitare che l’Europa abbia qualcosa da dire. Non avremo problemi con l’Europa. Quasi tutti i sindaci italiani, compresi quelli del Pd, soprattutto governatori come De Luca ed Emiliano, si siano dichiarati d’accordo sul fatto che questo reato ha combinato tanti e tanti e tali danni che l’unico modo è abolirlo».

E non andrebbe cancellato anche il reato fantasma quello di concorso esterno?
«Sul concorso esterno la Commissione per la riforma del Codice Penale che è stata istituita nel 2002 e che era indegnamente presieduta da me aveva all’unanimità deciso che il reato in concorso esterno in associazione mafiosa fosse un reato evanescente e andava completamente rimodulato secondo i criteri di “concorso di persona nel reato” e quindi, in prospettiva, andrà rimodulata. Naturalmente senza interferire minimamente o ridurre la lotta alla mafia».

L’Anm accusa il presidente del Consiglio di delegittimare la magistratura. È un’accusa che secondo lei ha qualche fondamento?
«No. Intanto non mi pare che la presidente del Consiglio abbia pronunciato una sola parola contro la magistratura. Queste reazioni di voler delegittimare i magistrati quando si criticano alcune loro iniziative è quasi una reazione automatica da parte dell’associazione. Lo hanno fatto anche con me un mese fa. Al che io ho risposto che se i magistrati si arrabbiano quando noi critichiamo il loro operato, allora anche i politici hanno ragione di arrabbiarsi quando vengono inquisiti dai magistrati. Nel mio mondo ideale i magistrati non dovrebbero criticare le leggi e i politici non dovrebbero criticare le sentenze. Una settimana fa ho incontrato i rappresentanti dell’Anm e Santalucia al Ministero».

Che incontro è stato?
«Da un punto di vista personale estremamente cordiale. Abbiamo cercato di individuare i punti che ci uniscono che di più di quelli che ci dividono. A noi interessa essenzialmente una giustizia efficiente, rapida ed equa».

Un membro del Csm, Tullio Morello, ha riproposto l’amnistia. Lei è favorevole?
«No. Io credo che in questo momento sia prematuro parlare di amnistia e parlare anche in generale di affievolimento delle pene. Il garantismo ha due volti: uno è l’enfatizzazione della presunzione di innocenza ma l’altro eguale e simmetrico è quello della certezza della pena. Bisognerebbe prendere in considerazione l’idea che la pena che dev’essere certa, immediata e proporzionata, può anche non coincidere necessariamente con il carcere per i reati minori. E in questo senso noi stiamo lavorando sia sulle pene alternative, sia soprattutto sulla possibilità di ristrutturare delle carceri per detenuti non pericolosi dove ci sia grande spazio per il lavoro e anche per lo sport ai fini anche di un reinserimento nella società secondo il principio della Costituzione. Per fare questo le nostre carceri necessitano di spazio. Non tutte lo hanno quindi stiamo cercando di recuperare delle caserme dismesse che garantiscano le misure di sicurezza di un carcere, dove poter dirottare i detenuti meno pericolosi e lavorare sul loro recupero».

Secondo lei il caso La Russa indebolirà la maggioranza?
«No perché la maggioranza guarda ai contenuti del programma di governo che sono condivisi in modo omogeneo da tutti. Ritengo che le vicende delle singole persone sono purtroppo vicende della vita che devono essere commentate nei luoghi opportuni ma che non possono e non devono avere conseguenze politiche». 

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