Dice il vecchio adagio: senza soldi, non si cantano messe. Figuriamoci se si riesce a ingaggiar battaglia col governo sulla riforma della giustizia. Così, anche la seriosa Associazione nazionale magistrati è costretta a batter cassa con quota 20 (euro). Ma prima di spiegare, val la pena soffermarci su due punti dello statuto del Comitato per il No che raccontano l’ansia da prestazione dell’Anm in queste settimane frenetiche: i criteri di reclutamento e le fonti di finanziamento della campagna. «Possono essere soci del Comitato tutti i magistrati» in servizio e quelli in pensione, c’è scritto nel documento, oltre a «professori e ricercatori universitari, esponenti dell’avvocatura, dell’associazionismo e della società civile», nonché semplici «cittadini».
Il limite è solo per quanti «abbiano o abbiano avuto incarichi in partiti politici o in associazioni con esplicite finalità elettorali o di sostegno a partiti politici, o che abbiano svolto o svolgano in maniera non occasionale attività di natura partitica». A tutti gli altri: benvenuti. I magistrati, che rimproverano alla politica di non fare selezione della classe dirigente, invece, per la battaglia referendaria aprono le porte a tutti. Tanto che non appare certo restrittivo il passaggio che afferma: «Non possono aderire al Comitato (...) coloro che dimostrino di perseguire finalità incompatibili o in contrasto, anche parziale, con lo scopo del Comitato, ovvero quando si ravvisino gravi ragioni di opportunità legate alla mancanza di requisiti reputazionali tali da compromettere l’equilibrio e/o il decoro dell’azione civica promossa». Ma quali siano questi «requisiti reputazionali» non si capisce.
Le toghe che considerano gli elettori una massa di fessi
La filosofia del diritto, almeno ai miei tempi universitari, era una materia da primo annodi giurisprudenza, il cui esam...Il Comitato si è dato una struttura agile, ma comunque in grado di fronteggiare la complessità della sfida che si presenta. Tant’è che, oltre al Comitato centrale, sono state previste «articolazioni territoriali» che opereranno sul campo. Bracci operativi che decidono «la propria attività sulla base delle linee di azione deliberate dal Consiglio Direttivo del Comitato» presentando a «quest’ultimo un programma di massima, che sarà valutato e approvato dal Consiglio stesso, il quale delibererà anche sulla contribuzione alle spese».
E veniamo al secondo tema di interesse: i soldi. C’è scritto nello Statuto: «L’Articolazione Territoriale potrà raccogliere nel territorio di competenza donazioni in denaro da far confluire nel fondo nazionale del Comitato». Su un argomento così delicato come i finanziamenti alla battaglia contro la riforma della giustizia del governo, la Carta costituzionale del Comitato non aggiunge altro. Solo una riga striminzita.
Eppure, fonti interne alla magistratura associata ci hanno spiegato che più di un iscritto ha sollevato la questione delle donazioni. «È strano che non sia stato indicato un limite per le offerte», ragiona un togato che ha partecipato alla creazione del Comitato, «una soglia è sempre importante indicarla in contesti sensibili come questo, anche per una questione di stile. E se un milionario progressista volesse donare 100mila euro al Comitato, che succede? La donazione viene accettata o rifiutata, e per quali motivi?». Pare che l’Anm abbia fissato a circa mezzo milione di euro il budget per la campagna, presumibilmente per l’acquisto di spazi pubblicitari e per le sponsorizzazioni sui social.
Nello Statuto manca tuttavia pure un’altra informazione sulla gestione finanziaria del Comitato: il contributo (libero) di 20 euro chiesto agli associati dell’Anm per mettere il primo litro di benzina nel serbatoio della macchina referendaria. Una cifra «simbolica» (parole di una fonte del sindacato delle toghe) cui si è arrivati attraverso una «animata discussione interna». «Molti magistrati iscritti», aggiunge il testimone, «erano tutt’altro che propensi a partecipare in maniera più cospicua, e non hanno mancato di sottolinearlo». Se tutti aderissero, il tesoretto ammonterebbe a circa 170mila euro. Un terzo rispetto al budget preventivato: e il resto chi lo mette?
Referendum sulla giustizia, "io voto sì": altro colpo mortale alla Schlein
Sulla riforma della giustizia e relativo referendum c'è subbuglio nel campo delle opposizioni. E se Elly Schl...La contesa sulla riforma in realtà è apparsa alla base meno impellente di quel che la propaganda impone. «E per questo», spiega ancora la fonte, «parecchi hanno voluto dissentire. Sì al piccolo gesto di liberalità come testimonianza di vicinanza alla corporazione, ma nessun sacrificio con esborsi più robusti, perché tutto questo pericolo democratico, che si avverte ai piani alti, chi lavora per mandare avanti la macchina della giustizia, evidentemente, lo avverte poco».




