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Così Maroni vuole liberarsi di Bossi al congressso

Il Carroccio pensa di votare in Lombardia nel 2013 trovando un'intesa con Formigoni. Bobo: il segretario deciderà la linea

Lucia Esposito
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  Da una parte Formigoni, dall'altra Bossi. La Lega che s'avvicina al congresso federale di sabato e domenica è alle prese con due nodi. Il primo riguarda il governatore assediato dai magistrati: il Carroccio accarezza l'idea del voto anticipato nel 2013, così da accorpare regionali e Politiche. Il secondo problema riguarda il ruolo del Senatur, che negli ultimi giorni è tornato a parlare come non faceva da settimane. Vuole restare in sella e pensa a una sorta di tandem. Lui presidente e Maroni segretario. Uno scenario che di fatto incepperebbe il motore della Lega 2.0 voluta dall'ex ministro dell'Interno. Il rischio è che uno dica nero e l'altro bianco. Tanto che ieri, nel consiglio federale di via Bellerio, Maroni è stato chiarissimo nel pretendere – qualora si candidasse e poi venisse eletto – pieni poteri e facoltà di dettare la linea. Caso-Lombardia. Formigoni – giurano i padani – ha maturato l'idea di trovare una soluzione, perché si renderebbe conto di non poter sostenere una situazione del genere fino al 2015. La Lega, per bocca del capogruppo Stefani Galli e del vicegovernatore Andrea Gibelli, è uscita allo scoperto proponendo il voto anticipato. La sinistra sfida i lumbard: «Allora votare la nostra mozione di sfiducia!» urlano Sel e Idv. Il Carroccio non ci pensa. Per due motivi. Con la proposta dell'opposizione, il Pirellone finirebbe nelle mani di un commissario. Invece, se per esempio Formigoni si dimettesse, al suo posto verrebbe promosso il vice Gibelli. Il tutto senza dimenticare che, se i padani sfiduciassero il presidente azzurro, in automatico il Pdl farebbe mancare il sostegno a Roberto Cota in Piemonte e a Luca Zaia in Veneto: ecco perché non c'è interesse a creare attriti col Popolo della libertà. D'altronde, spiega un fedelissimo di Maroni, «Formigoni non può pensare di resistere in questa situazione, perché rovinerebbe anni e anni di buongoverno. Rischia la fine che hanno fatto i vari Craxi, Andreotti e, per certi versi, lo stesso Berlusconi…».Non solo. Se gli alleati  accettassero una mediazione con la Lega, si aprirebbero interessanti scenari sul piano nazionale. Perché – ragionano in via Bellerio – non è immaginabile un'alleanza Lega-centrodestra in Lombardia nel 2013 e un altro schema alle Politiche. A confermare il quadro, in serata è arrivato il commento del capogruppo azzurro al Pirellone, Paolo Valentini: «Visto l'attacco mediatico senza precedenti al quale siamo sottoposti è doveroso che la Lega chieda di vedere chiaro, dopodichè il “modello lombardo” è un modello che anche in Veneto e Piemonte ha garantito governabilità e buoni risultati, prima di accantonarlo è necessaria una riflessione seria».  Capitolo Bossi. Il Senatur non vuole mollare il comando e non accetta di essere ridimensionato, tanto che ha già detto di voler riprendere alcuni leghisti che negli ultimi mesi sono stati cacciati (ma ha negato di pensare a Rosi Mauro). Maroni la vede all'opposto. Ha risposto che «non ci saranno repulisti ma neanche amnistie» e si rifà al nuovo statuto che verrà sottoposto al giudizio dell'assise: è il segretario che si occuperà di linea politica, mentre per il presidente ci saranno incombenze organizzative perché dovrà garantire l'unità. Di più: lo stesso Senatur presiederà il comitato che avrà l'ultima parola sulle espulsioni. Ieri, al consiglio federale, Maroni ha voluto spazzare via ogni ambiguità. Dicendo che farà il segretario solo se ci sarà chiarezza. Lui detterà la linea, non altri. «A fratto R uguale a uno» ha ripetuto. «Significa che autorità fratto responsabilità dà come risultato un'unica persona», tanto che la battuta che girava in via Bellerio era: «Maroni sarà un segretario vero, non farà come Cesa che è messo sotto tutela...». Dopo l'intervento di Bobo, i presenti hanno deciso di firmare il modulo per sostenere la candidatura dell'ex responsabile del Viminale. Tra gli altri, non erano presenti Bossi e l'ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, ma solo perché avevano già lasciato la riunione. Dal Piemonte, intanto, si alza la voce dell'europarlamentare Mario Borghezio che presenterà al congresso una mozione indipendentista. Dopo l'assise, quella dei secessionisti «potrebbe diventare una vera e propria corrente di pensiero all'interno della Lega» dice Borghezio. «Dal futuro segretario ci aspettiamo un riconoscimento della nostra presenza».  di Matteo Pandini  

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