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Autogol di Giarda sulle Province:"Abbiamo fatto un disastro"

Il ministro dei Rapporti con il Parlamento

Il ministro: "Bisogna rimediare ai tagli, spero che il Senato riveda il decreto". L'allarme dell'Upi: "Senza quei soldi le scuole potrebbero non aprire"

Andrea Tempestini
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  di Tommaso Montesano  L'ammissione arriva dal “solito” Piero Giarda: «Ho cercato invano di far cambiare quella norma. È contraria a tutto quello che ho sempre pensato in materia di finanza locale. Speriamo che il Senato sia più saggio del governo». “Quella norma” altro non è che l'esito del calcolo dei consumi intermedi delle Province e quindi dei conseguenti tagli ai loro danni previsti dal decreto legge sulla spending review, adesso all'esame di Palazzo Madama. In pratica il ministro dei Rapporti con il Parlamento, uno dei registi del provvedimento con le “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica”, certifica che così com'è quel testo è un obbrobrio e quindi è meglio che il Senato lo cambi. Musica per le orecchie di Antonio Saitta, vicepresidente dell'Unione delle Province italiane (Upi), che si era rivolto proprio a Giarda per esprimere la necessità di rivedere la norma che dispone un taglio di 500 milioni di euro per il 2012 e di un miliardo di euro per il 2013. Con queste cifre, denuncia Giuseppe Castiglione, presidente dell'Upi, «non siamo nelle condizioni di poter assicurare l'apertura dell'anno scolastico». Colpa del governo e del commissario anti-spesa Enrico Bondi, spiega, che «ha considerato nei consumi intermedi, che vanno eliminati, alcuni servizi essenziali che le Province gestiscono per conto delle Regioni: dalla manutenzione degli edifici scolastici ai trasporti pubblici locali e alla formazione professionale». Un errore «grossolano» che ha portato l'esecutivo a confondere consumi e servizi. «Le Province dovrebbero operare tagli pari a 176 milioni quest'anno, anziché 500 milioni, e a 352 milioni l'anno prossimo invece di un miliardo», dice Castiglione, secondo cui senza modifiche «metà delle Province andrà in dissesto».  Con l'Upi si schiera Roberto Gontero, presidente dell'Associazione genitori scuole cattoliche (AGeSC): «È a rischio la riapertura delle scuole paritarie. Il mantenimento dei tagli del 50% del budget destinato alla scuola non statale mette a rischio il proseguimento delle attività». Il fronte della protesta, intanto, si allarga. Ieri le Province del nord si sono riunite a Verona per mettere a punto una strategia di protesta comune contro il piano di accorpamento e i tagli previsti dal governo. L'assemblea delle Province di Veneto, Lombardia e Piemonte porterà un “documento di lotta” all'attenzione dell'Upi. «Se non ci sarà una modifica della spending review, le Province del nord daranno lo sfratto alle Prefetture e agli enti statali in affitto», minacciano gli amministratori. Sul tappeto anche la proposta di rivedere i criteri del patto di stabilità. Si muove anche la Regione Toscana. Riccardo Nencini, assessore ai rapporti con gli enti locali, annuncia che la giunta del governatore Enrico Rossi chiederà formalmente all'esecutivo di modificare il provvedimento con la riforma delle Province. “Resistenza” che fa il paio con i ricorsi già decisi da Fabio Melilli, presidente della Provincia di Rieti (al Tar), e da Giuseppe Scopelliti, governatore della Calabria (alla Corte costituzionale). Per il primo, quello con cui Palazzo Chigi limita l'iniziativa dei Comuni per il riordino delle Province è un «atto illegittimo». Il secondo, invece, contesta la soppressione delle Province di Crotone e di Vibo Valentia.  La lista dei territori finiti nella tagliola governativa non piace neanche al Pdl. Nunzia De Girolamo, ad esempio, ha già preannunciato la propria opposizione al testo dell'esecutivo: «Le Province bisognava eliminarle tutte, perché alcune sono state risparmiate? Forse qualcuno è stato più furbo?». E cita il caso della Provincia di Benevento, «l'unica ad essere abolita in Campania nonostante sia quella che costa di meno. Bel taglio alla spesa...». io  

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