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Perché non parli?Il Pdl sostiene Monti e il Cav sta zitto

Berlusconi prende tempo e aspetta le primarie della sinistra. Ma ai suoi elettori poco importa dello scontro Renzi-Bersani

Eliana Giusto
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Candidarsi o non candidarsi. Questo è il problema di Silvio Berlusconi che continua a stare in silenzio e a non sciogliere le riserve sul suo ritorno. Il Cavaliere, come ha detto anche venerdì via Facebook citando la Bibbia ("C'è un tempo per parlare e un tempo per riflettere. Forse oggi, di fronte a tanta confusione è meglio riflettere"), prende tempo aspettando che la sinistra, già lacerata dalle fratture interne, decida fra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani. "Incredibile, si stanno facendo a pezzi da soli", rifletteva gli scorsi giorni coi suoi fedelissimi. Vero, ma è una magra consolazione. Perché agli elettori delusi del Pdl poco importi cosa fa la sinistra. Promesse mancate - A chi ha sempre votato Berlusconi e vorrebbe continuare a votare centrodestra interessa sapere cosa pensa lui, il Cav, cosa vuole fare. Anche perché in questo momento la situazione è paradossale. Il Pdl, che a sua volta si sta spaccando, sostiene il governo Monti che sta facendo tutto il contrario di quanto avrebbe fatto il governo dell'ex premier, basti pensare all'aumento delle tasse. La crisi fa ancora sentire i suoi morsi, certo. E la politica del rigore è obbligata non solo dall'Europa ma pure dal buonsenso. Ma Monti (e il parlamento) di tagli veri e giusti non ne ha fatti quanti doveva e ha invece continuare a colpire durissimo contro chi la crisi l'ha subita fin dall'inizio, le imprese. Piccole, medie, artigiani: il ceto produttivo, vessato da Imu, addizionali Irpef, aumento dell'Iva. Proprio quel ceto produttivo su cui si dovrebbe puntare per rilanciare la crescita. Perché non si vota? - Vero, fino a qualche settimana fa l'Italia era sotto lo schiaffo della speculazione internazionale. Leggi spread, la parola magica con cui molti, a Roma, hanno mascherato mancanza di programmi o, peggio, la volontà di rinviare all'infinito il confronto democratico con le urne. Un governo tecnico ha fatto e fa comodo a molti, anche nel centrodestra. Però Berlusconi fino a poche settimane fa era solito parlare di "staccare la spina" alla maggioranza e a Monti, una volta terminata l'emergenza. Bene, l'emergenza non è ancora finita ma dopo la decisioni della Bce e di Mario Draghi, il varo del piano anti-spread e il sì della Consulta tedesca al fondo salva-stati tutto sembra pronto per tornare alla "normalità". Tutti si attendevano il settembre caldo del Pdl, la stretta finale: Berlusconi che annuncia la sua ridiscesa in campo da candidato premier, da solo o in ticket, la fine anticipata della parentesi tecnica, una proposta chiara di programma e alleanze, magari con Montezemolo, Passera, i nuovi nomi dei centristi. Ma niente, Silvio tace, non decide. Corsa a perdere - Il sospetto, o la certezza, è che il Pdl abbia sfruttato malissimo questi 8 mesi di interregno. Scegliere Angelino Alfano e poi bocciarlo avrebbe avuto un senso se la ricandidatura di Berlusconi fosse stata fatto acquisito. E invece, a metà settembre, molti ancora si interrogano se servano le primarie, se sia giusto riproporre il Cav, se sia giusto metterlo in dubbio. Il risultato è un effetto deprimente: sembra quasi una corsa a non candidarsi a sfidare l'ex premier per non doversi poi intestare una sconfitta elettorale tra qualche mese.

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