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Di Pietro: "Che brutta fine ha fatto la mia procura"

Matteo Legnani
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Quando in procura c'era lui, quello di Milano era un fortino inespugnabile che con le sue indagini terrorizzava mezza Italia della politica e degli affari. Oggi che quel fortino non c'è più e che lo scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo è finito sulle pagine di tutti i giornali, Antonio Di Pietro si dice "molto amareggiato". In una intervista al Fatto quotidiano, il leader di Mani Pulite spiega che "ai miei tempi uno scontro del genere non poteva accadere sul piano tecnico perché non c'era la gerarchizzazione delle procure voluta dalla riforma Castelli-Mastella, e sul piano fattuale perché tutto dipendeva dalla saggezza di chi guidava la procura. Ai tempi in cui c'ero io, il procuratore era Francesco Saverio Borrelli, la cui parola eraVvangelo. Gli si riconosceva la credibilità di quel che affermava. E poi lui incentivava chi aveva voglia di fare, non gli faceva fare un passo indietro". Prosegue Di Pietro: "Le indagini sulla pubblica amministrazione potevano essere co-assegnate ai due pool facenti capo a Robledo e a Greco. Non averlo fatto, è stato inopportuno dal punto di vista della politica giudiziaria".

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