Caso Bifolco, parla Arturo o' latitante: "Sul motorino io non c'ero. Ho paura di fare la fine di Cucchi"
"Mi costituirò per raccontare la verità sull'omicidio. Su quel motorino non c'ero io". Arturo Equabile, 22 anni, padre di una bambina, il latitante che i carabinieri cercavano la notte dell'omicidio di Davide Bifolco, ha rotto il silenzio. Intervistato dal Fatto Quotidiano racconta: "Un'ora prima del fatto sono venuti i carabinieri nella caso dove stavo. Erano con le pistole in pugno e gridavano 'apri bastardo'. Ho avuto paura e sono scappato in un'altra casa. Dopo tre quarti d'ora ho saputo che in un'altra parte del quartiere c'era stata la sparatoria". "Quella sera non ero sul motorino con Davide Bifolco. Non c'ero lo volete capire o no", dice a Enrico Fierro spiegando che è latitante "per un furto che non ho commesso". Equabile sostiene che non ha commesso alcun reato, che è "imputato perché delle persone avevano delle microspie in auto e parlavano di un furto e di un certo Arturo, ma quello non ero io". "I carabinieri ce l'hanno con me", si sfoga, "perché scappavo. Venivano a prendermi e io scappavo e loro si incazzavano. Qualcuna diceva che si mi prendevano mi ammazzavano. E io mi chiedo perchè hanno ammazzato Davide? Al posto suo potevo esserci io". "E ancora: "I carabinieri o la polizia hanno tutto il diritto di arrestarmi se mi trovano, non quello di uccidermi". Arturo Equabile non si è mai costituito perché, si giustifica, "mi ritengo innocente e non voglio pagare per un furto che non ho fatto". Ma adesso che Davide, 17 anni ancora non compiuti è morto, lo farà: "Lo giuro. Aspetto solo che il mio avvocato mi porti il fascicolo. Mi costituirò per dire la verità sulla morte di Davide, ma i carabinieri devono arrestarmi, non spararmi. Ho paura, voglio che nessuno mi faccia del male, non voglio fare la fine di Cucchi". Il testimone - Intanto spunta un altro testimone che smentisce la ricostruzione fatta dal carabiniere che ha ucciso Davide. "Stavo sul balcone a fumare una sigaretta quella sera", racconta l'uomo che è già stato sentito dagli inquirenti al Fatto. "Era da poco passata la mezzanotte e sentivo le sirene delle volanti, ne ho vista passare una sgommando. Passano un paio di ore e vedo un motorino scappare. C'era una macchina che lo inseguiva da dietro e una che era di fronte. Hanno tamponato il motorino e tre o quattro carabinieri si sono lanciati in un inseguimento. Davide era a terra, si agitava. Il carabiniere ha puntato la pistola a un metro, un metro e mezzo di distanza e ha sparato ad altezza uomo. Un suo collega, uno senza capelli, ha preso Davide che era caduto a terra per la testa. Gli diceva alzati, alzati. Dopo pochi minuti è arrivata la mamma del ragazzo, non sapeva cosa fosse successo, ha visto il figlio morto e ha abbracciato il carabiniere. Poi uno dei ragazzi ammanettati ha detto 'sono stati loro' ed è scoppiato l'inferno".