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Fuga dall'Università: in 10 annisessantamila iscritti in meno

Il pezzo di carta non è più un pass per la sicura occupazione e così i 19enne interrompono gli studi: da 338mila universitari nel 2003-2004 si è passati a 280mila

Matteo Legnani
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Certo, i dati erano già in calo da tempo. Ma con la sfiga che porta la sinistra, dal novembre 2010 il destino delle nostre università era irrimediabilmente segnato. Fu in quel mese che i leader della sinistra Bersani, Vendola e Di Pietro si esibirono in una patetica scalata della facoltà di Architettura della Sapienza di Roma, per unirsi ai ricercatori che protestavano, guarda un po', contro la riforma Gelmini. E mentre loro stavano sul tetto, di sotto gli studenti se la davano a gambe. I dati del Consiglio universitario nazionale (Cun) dicono che negli ultimi dieci anni dagli atenei italiani sono spariti circa sessantamila studenti: da   338mila che erano nel 2003-2004  a 280mila nel 2011-2012, pari al 17% in meno. Come se, nel panorama italiano, fosse svanito nel nulla un grande ateneo come la Statale di Milano. Ai diciannovenni, il cui numero è rimasto stabile negli ultimi  5 anni, la laurea interessa sempre meno, dato che nella maggioranza dei casi non costituisce più un pass per l'occupazione. In Europa, però, non va così: l'Italia è largamente   al di sotto della media OCSE, al 34° posto su 36 Paesi (anno   2012). Solo il 19% dei 30-34enni possiede una laurea, contro una media  europea del 30% (rilevazione al 2009). Il 33,6 % degli iscritti ai corsi di laurea, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.   Il numero dei laureati nel nostro Paese, lamenta   ancora il Cun, è destinato a calare ancora anche perchè, negli   ultimi 3 anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio è  stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l'84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%. Il 25% dei ragazzi quindi è  rimasto fuori. La spesa per il diritto allo studio ha subito un   andamento contrario a ogni dichiarazione di principio. L'Europa si allontana anche nel numero dei laureati, largamente   al di sotto della media OCSE: siamo al 34° posto su 36 Paesi (anno   2012). Solo il 19% dei 30-34enni possiede una laurea, contro una media  europea del 30% (rilevazione al 2009). Il 33,6 % degli iscritti ai   corsi di laurea, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.   Il numero dei laureati nel nostro Paese, lamenta   ancora il Cun, è destinato a calare ancora anche perchè, negli   ultimi 3 anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio è  stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l'84% degli   studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%. Il 25% dei ragazzi quindi è  rimasto fuori. La spesa per il diritto allo studio ha subito un   andamento contrario a ogni dichiarazione di principio. Diminuita drasticamente anche l'offerta formativa degli atenei. E se tale riduzione è in parte   stata prima dovuta ad azioni di razionalizzazione adottate dagli   atenei e indicate dal Cun, adesso è invece dovuta in larghissima   misura alla pesante riduzione numerica del personale docente. Europa distante anche per il numero dei dottorati: rispetto alla  media europea in Italia abbiamo 6.000 dottorandi in meno che si   iscrivono ai corsi di dottorato (fascia età 25-27 anni). Il dottorato  (o Doctor in Philospphy - Ph.D o PhD) è il più alto grado di   istruzione universitaria in molti paesi del mondo ma l'attuazione   della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla legge (30   dicembre 2010, n.240) è ancora al palo. Inoltre in Italia il 50% dei   laureati segue i corsi di dottorato senza alcuna borsa di studio.   Emorragia di professori: in soli sei anni   (2006/2012) il numero dei docenti si è ridotto del 22%. Nei prossimi   3 anni si prevede un ulteriore calo dei docenti di ruolo. Contro una   media OCSE di 15,5 studenti per docente, in Italia la media è di 18,7  (includendo sia i docenti strutturati che quelli a contratto).    

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