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Migranti, Prodi: "Asimmetria Ue sugli sbarchi". Il Prof chiama in causa gli Usa

Nicoletta Orlandi Posti
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L'instabilità libica e l'emergenza sbarchi sono frutto di una "tragica asimmetria nella politica europea" che negli ultimi venti anni si è occupata molto di allargamento e poco di Mediterraneo, insieme al progressivo disimpegno nell'area di Usa e Russia. Ora "bisogna tentare di ricostruire una azione europea comune volta a sensibilizzare le grandi potenze per tentare di ricostruire lo Stato in Libia". È il quadro della situazione offerto dall'ex premier Romano Prodi, in una articolata audizione in commissione affari Esteri del Senato, secondo il quale "se non c'è un accordo tra le grandi potenze, non si riesce a ricostruire lo Stato e senza lo Stato libico non si riesce più a regolare nulla". "Gheddafi", ha raccontato, " tutti i giorni minacciava di mandare i barconi ma io avevo la forza di trattare. Gli compravamo il petrolio, lui ogni tanto requisiva un peschereccio, poi lo rilasciava, c'era sempre questo su e giù. Ora ci sono solo bande di criminali" a gestire il fenomeno. "Quando da presidente della Commissione Ue - ha continuato - giravo per il Mediterraneo c'era un vero e proprio risentimento per il fatto che l'Europa guardava solo all'allargamento. Rispondevo che, chiuso quel capitolo, ci sarebbe stata più attenzione al Mediterraneo. Questo con onestà intellettuale devo dire che non c'è stato". Ragionamenti - Oggi, ha spiegato, bisogna fare un ragionamento ampio. È possibile immaginare di distruggere i barconi, anche se non è chiaro come: "Mica ti mettono i barconi vuoti uno in fila all'altro. Te li caricano subito di gente. Se ci fosse uno strumento tecnico per distruggere i barconi dovrebbe essere usato ma io non lo vedo". Mentre anche le realizzazioni di campi in Africa, nei quali esaminare le richieste di asilo prima che le persone prendano il mare, appaiono di difficile realizzazione: "Si possono fare i campi profughi in Africa? In teoria sì. Ma questa è gente che vuole venire in Europa. Fuggirebbero anche dai campi profughi e li userebbero come posti di passaggio". Intervento militare - Un intervento militare non sarebbe però ipotizzabile: "Le guerre", ha detto, "non si vincono con i droni o gli aeroplani ma con gli scarponi e negli Usa hanno già visto rientrare troppi cadaveri. L'azione bellica, oltre che inappropriata e dannosa, è anche irrealistica". Anche perché non bisogna sottovalutare "la minaccia del terrorismo e la possibilità che si espanda anche nel Sinai. Un attacco al terrorismo libico lo sposta soltanto altrove. Non risolve i problemi, perché ci sono almeno altre tre zone in cui è radicato, mentre Sinai e Sahara potenzialmente sono aree terroristiche". "Noi abbiamo", ha raccontato, "una fondazione per aiutare i Paesi intorno al lago Ciad. È un anno che non facciamo assolutamente nessuna attività concreta, perché non è possibile materialmente farla" per la mancanza di condizioni sufficienti di sicurezza. In questo non aiuta il disinteresse europeo: all'ultimo vertice straordinario Ue sull'immigrazione, ha sottolineato Prodi, "il premier britannico da un lato ha dichiarato 'parteciperemo alla missione nel Mediterraneo' e poi si è affrettato ad aggiungere, in vista delle elezioni, 'poi li portiamo in Itali'. Il che è una cosa ovviamente normale e scontata, ma detta insieme sembra addirittura uno sfottò". Azione internazionale - "Vedere una pagina intera del New York Times", ha aggiunto, "che dice che Mare Nostrum era una grande roba rispetto a quello che fa l'Europa fa impressione. Vuol dire che siamo lontani da una posizione politica integrata". Perciò l'unica soluzione, ha concluso, appare un'azione internazionale delle grandi potenze: "In Libia", ha spiegato Prodi, "noi abbiamo in questo momento un incontro di interessi regionali estremamente forti e diversi tra loro. Abbiamo Egitto e Arabia Saudita che appoggiano Tobruk. Qatar e Turchia appoggiano il governo di Tripoli. Tutto questo complica le cose. Basterebbe un impegno di Stati Uniti, Russia e Cina" per mettere fine alla situazione. "Credo", ha concluso, "che sarebbe importante un'azione italiana su Russia e Stati Uniti proprio per la posizione di influenza che l'Italia può avere, anche se non di forza".

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