Migranti, naufragio finto per non far arrestare gli scafisti: 50 morti inventati
"Abbiamo inventato tutto, c'era stato detto di dire così perché non avreste arrestato gli scafisti. Nessuno di noi è caduto in acqua, siamo tutti sani e salvi grazie al vostro aiuto, scusateci". È quanto hanno detto gli immigrati sbarcati ieri a Pozzallo, circa 300 approdati con la Fregata 221 Hessen della Marina militare tedesca che li aveva soccorsi. È uno degli aspetti della vicenda ricostruita dalla Squadra mobile di Ragusa che ha sottoposto a fermo un eritreo accusato di essere lo scafista e individuato due connazionali - uno finito agli arresti, l'altro denunciato perchè minore - che in Libia avevano l'incarico di vigilare armati i profughi in partenza. Bugie imposte - Le indagini hanno così permesso di escludere la morte di 50 migranti inizialmente riferita dai passeggeri: è stato appurato che gli organizzatori avevano detto ai migranti di raccontare di un naufragio e che tra loro vi erano gli scafisti. Insomma, una manovra per impedire che questi fossero arrestati. "Spesso capita", spiega la polizia, "che ai migranti venga imposto di raccontare una versione dei fatti che poi non corrisponde al vero, ma questo stratagemma, ormai un po' vecchio per gli investigatori, è stato subito scoperto. Di contro ha distratto di sicuro energie ed ha fatto perdere diverse ore di tempo. I migranti dopo essere stati scoperti hanno collaborato in modo ancora più fattivo, difatti in poche ore sono stati raccolti gravi indizi di reato a carico di tre eritrei". Organizzazione mista - Oltre allo scafista vero e proprio, nelle cui tasche sono stati trovati 1700 euro, la Polizia ha così individuato anche i due eritrei che in Libia, in base agli accordi con gli organizzatori del luogo, si occupavano della vigilanza dei loro connazionali all'interno delle "connection house". È la prima volta che le indagini portano al fermo di due soggetti che hanno operato prevalentemente in Libia, anche perchè di solito rimangono nel loro paese e sono tutti libici. In questo caso si è registrata un'organizzazione mista, fatta di libici ed eritrei, difatti all'interno dei capannoni la vigilanza armata era stata affidata agli eritrei, così come la conduzione del gommone.