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Anello e stemma riciclati Il Papa taglia più della Casta

Francesco I indossa il sigillo in argento di Paolo VI. E il pallio è quello con le croci rosse, utilizzato da Benedetto XVI nell'inaugurazione del 2005

Matteo Legnani
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  È una nuova stagione che si annuncia anche attraverso i simboli. A partire dall'anello del   pescatore, che domani sarà offerto al Pontefice, prima della cerimonia d'inizio del ministero petrino. Non è d'oro ma di argento dorato, realizzato dall'artista italiano Enrico Manfrini. Rimangono i riferimenti al ministero petrino, un bassorilievo che raffigura san Pietro con le chiavi, ma si tratta di un sigillo riciclato, sebbene mai utilizzato finora, scelto da Papa Francesco su suggerimento del cardinale Giovanni Battista Re, che aveva l'anello realizzato da Manfrini per Paolo VI, conservato dal segretario del Papa Montini, monsignor Pasquale Macchi e poi da monsignor Ettore Malnati. Nessuna spesa nemmeno per il pallio. Sarà utilizzato lo stesso, con le croci rosse, che fu imposto a Benedetto XVI nell'inaugurazione del 2005. E perfino il vecchio anello episcopale, che il cardinale Jorge Mario Bergoglio aveva indossato finora, non finirà in un cassetto, ma sarà donato alla diocesi di Buenos Aires.  Poche anche le modifiche introdotte nello stemma pontificio, che è sostanzialmente lo stesso utilizzato finora dal cardinale Bergoglio. Tutto fa capo all'affermazione «Gesù salvatore degli uomini». Al centro dello scudo, campeggia il monogramma di Cristo, un acronimo che rimanda alle iniziali in latino di Iesus hominum salvator. Si tratta dell'emblema dell'ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle tre lettere in rosso. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero, a ricordo della crocifissione. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo. La stella, secondo l'antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica san Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, san Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine Santissima e San Giuseppe. Al tema centrale del Pontificato, indicato anche domenica all'Angelus in Piazza San Pietro, è dedicato il motto del Papa: miserando atque eligendo. È tratto dalle omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote, il quale, commentando l'episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: «Gesù vide un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi». Vi si ritrova, rivela il bollettino della Sala stampa della Santa Sede, anche un accenno autobiografico. Per il giovane Jorge Mario Bergoglio quell'omelia, generalmente considerata un omaggio alla misericordia divina e riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di san Matteo, riveste un significato particolare nella vita e nell'itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di San Matteo dell'anno 1953, il ragazzo sperimentò, all'età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito a una confessione, si sentì toccare il cuore e avvertì la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull'esempio di sant'Ignazio di Loyola. Una volta eletto vescovo, monsignor Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che aveva segnato gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella sua Chiesa, decise di scegliere, come motto e programma di vita, l'espressione di san Beda il Venerabile, che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio. Infine, anche la messa d'inizio del ministero petrino si annuncia «non lunghissima ma semplice, per quanto possibile, distinguendosi da altri tipi di celebrazioni che riguardano invece i reali». Perché non si tratterà di un'intronizzazione, ha ricordato ieri il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, «perché il Papa non è un re». Semmai, le «laudi del Re» previste nel rituale riguardano Gesù Cristo, non certamente il capo della Chiesa cattolica. di Andrea Morigi  

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