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Caro ministro Carrozza, due o tre cose che so sui conservatori

"Lettera aperta" di Nazzareno Carusi alla neo-titolare dell'Istruzione

Giulio Bucchi
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  di Nazzareno Carusi Gentile dott.ssa Carrozza, auguri sinceri per la nomina. Le confesso rossore, scrivendoLe così presto e purtroppo non di cose belle.  Vede, ho scritto tante volte che la riforma dei conservatori è stata fatta più per i professori che per gli studenti; e il maestro Muti, proprio qui su Libero, mi disse che queste istituzioni «come sono oggi, diventano un inganno». Ora, la Legge 228 del 2012 ha reso equipollente il vecchio diploma al nuovo accademico di secondo livello. In un commento nel numero attuale del bimestrale del Conservatorio dell'Aquila, il direttore Bruno Carioti (presidente della Conferenza nazionale dei direttori suoi colleghi) ricorda come sia stato inserito nella norma, in extremis e su richiesta pure sua, un emendamento che ha limitato questa equipollenza ai titoli conseguiti prima della sua entrata in vigore «e solo unitamente al possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Tale emendamento», continua il direttore, «ci è parso necessario per mitigare gli effetti di una sentenza del Tar che ha riaperto per i privatisti la possibilità di sostenere gli esami in Conservatorio». Dunque il tribunale ha sancito il diritto dei ricorrenti privatisti e il Carioti, anziché darsi da fare per garantirlo, si è sbracciato per mitigarne gli effetti, perché il combinato disposto «avrebbe causato una vera e propria diaspora degli allievi (…) del nuovo ordinamento per presentarsi da privatisti e conseguire lo stesso titolo in pochi mesi, con le conseguenze che è facile immaginare». Come dire che la riforma ha trattenuto i ragazzi in classe per più tempo (e tasse) del necessario. In più, provando a obbligare all'iscrizione chi da sempre studia legittimamente altrove. Il tutto, in tre parole, sennò si chiude. È avvilente, a maggior ragione se si pensa che il Consiglio di Stato ha respinto, un mese fa, l'istanza di sospensiva della decisione del Tar, presentata dal Miur e diversi conservatori, perché «nella comparazione dei contrapposti interessi, appare meritevole di tutela la posizione degli allievi». Non è tutto. Parlando del timore dei ragazzi che i loro titoli non fossero riconosciuti né in Italia né in Europa, Carioti dichiara proprio riguardo alla UE che l'affermazione «non ha ragion d'essere», perché «l'Italia è l'unico Paese europeo -e uno dei pochi nel mondo- che attribuisce valore legale al titolo di studio. Di conseguenza, che il Diploma Accademico sia equivalente alla Laurea non ha nessun peso per accedere al mondo del lavoro negli altri Paesi europei».  Così, d'emblée. A maggior prova che la riforma (in teoria) ha inteso trasformare il conservatorio «in una struttura nuova e coerente con il processo di rinnovamento che ha investito tutto il sistema dell'Alta Formazione in Europa», come annotò lo stesso direttore nel 2011 per la Commissione Cultura del Senato, ma (in pratica) ha sguisciato l'argomento supremo della nostra europeizzazione accademica: l'abolizione del valore legale del titolo di studio. E ben sapendo evidentemente che il nostro diploma nuovo, europeisticamente parlando, sarebbe valso zero come il vecchio. Incredibile. Signora Ministro, mi creda. So quanto Lei abbia a cuore il concetto di responsabilità. Nei conservatori ci sono ancora tanti grandi artisti che chiedono solo la gioia di suonare. Il resto sono cariotate da azzerare. P.S. Il Direttore generale dell'Afam, Giorgio Bruno Civello, sovrintende a questo ambaradan senza conoscere, letteralmente, un corno inglese. Le scriverò, ahimè, anche di questo. Twitter: @NazzarenoCarusi  

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