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Paghetta, i piccoli italiani guadagnano di più

E dalla Germania arriva il monito: "I bambini tedeschi guadagnano troppo". Ma i figli italiani? Il 40% in più

Eleonora Tesconi
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Vestiti firmati, giocattoli super tecnologici, zaini costosi e cellulari di ultima generazione. Nella generale débacle dei consumi in cui versa il nostro Paese, quelli legati ai bambini e ai teenager reggono il colpo. I minori infatti, con il tempo, si sono trasformati in soggetti autonomi in fatto di marketing e arrivano a determinare le scelte dei genitori negli acquisti. E se, causa crisi, la paghetta settimanale, dal '98 a oggi, è stata stimata in calo, rispetto al numero di bambini che ancora la riceve, è aumentato il valore per chi continua a "guadagnarsela". I dati - A sei anni un bambino su quattro è in grado di dichiarare un "reddito" di 8 euro a settimana. A undici, 11. A quattordici, 20.  Negli ultimi anni in Italia, la percentuale di minorenni che intasca la paghetta è diminuita rispetto al '98, ma ad aumentare è lo "stipendio": secondo l'ultima indagine Istat del 2011, il 25% dei giovani under 18 si porta a casa mediamente 16 euro a settimana. Una cifra di gran lunga superiore rispetto a quella che ottengono i figli tedeschi. A Berlino, uno studio della Egmont-Ehapa Verlag, casa editrice per ragazzi, ha evidenziato, come, tra i 6 e i 13 anni, i bambini ottengano 27,56 euro di paghetta al mese, circa 6,89 euro alla settimana, un valore alto nella storia della paghetta tedesca. In Italia invece i bambini prendono il 40% in più. Da Monaco arriva il monito: per l'ufficio di assistenza ai minorenni, i bambini tedeschi già "guadagnano" troppo: basterebbero, tra i sei e i sette anni, 1,5 euro alla settimana, 2,5 tra gli otto e i nove anni e, per i tredicenni, 20 sono più che sufficienti  E, allora, i figli italiani? Il valore della paghetta, nonostante la crisi in cui versa il paese, è aumentata. Sarà perché le esigenze dei giovani sono cambiate, sarà perché le tecnologie si sono evolute, la mancia stima un euro in più rispetto al '98. Dall'altro lato, la situazione economica del paese ha ristretto la fascia dei minorenni che la ricevono. Nel '99 costituiva il 35,1%, mentre nel 2011 siamo scesi al 25,6. "Le statische ufficiali - afferma Enrico Finzi, sociologo e presidente di Astraricerche - dimenticano che, oltre che dai genitori, oggi i ragazzini ricevono soldi da zii e nonni, al sud anche da madrine e padrini. Sono diventati formidabili collettori di denaro e non dipendono più solo dalla paghetta". E' riduttivo quindi solo parlare di ""stipendio genitoriale", perché le fonti di reddito per i minori si sono moltiplicate. In mezzo alla crisi, "i genitori, in un atteggiamento tipicamente mediterraneo, iperprotettivo, non vogliono far mancare nulla ai piccoli di casa", continua. E i figli hanno un forte potere nel determinare gli acquisti dei genitori. Un esempio? "Il numero di bambine che determina le scelte delle mamme in tema di make up - fa notare il sociologo - è impressionante, come ho constatato in una ricerca". Il consumismo tra i giovani sembrerebbe dilagare e uno studio dell'Università Cattolica, condotta con il Consorzio Pattichiari dell'Abi, lo dimostra: tra genitori e studenti tra 13 e 22, i primi, nel 51,2% dei casi, mostrano attenzione al risparmio, il 41,5% dei ragazzi invece si definisce "il classico tipo dalle mani bucate". di Eleonora Tesconi

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