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Italia frana: nel Nord 85 morti in 12 anni, ormai un crollo ogni due giorni

Benedetta Vitetta
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L'Italia cade a pezzi. Nel Nord Italia frane e alluvioni sono ormai all'ordine del giorno. C'è un crollo ogni due giorni. E i continui smottamenti del terreno - ormai sempre più fragile e troppo urbanizzato - ha provocato ben 85 morti negli ultimi dodici anni. Fabio Luino e Laura Turconi, dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, insieme con alcuni geologi, hanno raccolto e classificato i disastri naturali dal 2005 alla fine dell'anno scorso nel Settentrione e li hanno racchiusi in un volume: la fotografia dell'Italia che frana o annega. "Hanno censito 2.125 eventi, alcuni modestissimi, altri devastanti: uno ogni due giorni" si legge in un articolo de La Stampa, "e hanno concluso che la Natura ha colpito il Piemonte 513 volte, la Liguria 413, la Lombardia poco più di 300 e il Veneto appena 200". La Liguria è, in assoluto, la regione più martoriata della Penisola: "di fatto" spiega La Stampa, "non esiste comune che sia stato risparmiato, si conta un evento ogni 13 kmq e un quarto delle vittime (25) si annida in questo lembo stretto tra il mare,l'Appennino e le Alpi". Dalle indagini degli esperti si è scoperto "quasi sempre frane e alluvioni avrebbero potuto essere innocue, o quasi, se l'uomo non ci avesse messo del suo: costruendo strade e ferrovie a ridosso delle montagne, ponti troppo bassi o troppo stretti, case e capannoni accanto ai corsi d'acqua". Solo il 17% delle morti degli ultimi anni sono state classificate come "imprevedibili", frutto di fatalità. Per i geologi, scrive il quotidiano di Torino, "il dissesto idrogeologico richiede a volte decisioni drastiche, per sanare sciagurate scelte di programmazione urbanistica: la cementificazione di aree che andavano lasciate libere, la tombatura di torrenti e canali di deflusso, le costruzioni abusive spesso sanate dai condoni che hanno reso lecito ciò che non lo era. Non a caso i fenomeni d'instabilità naturale hanno coinvolto nel 68% dei casi censiti le infrastrutture e nel 32% le strutture, vale a dire case, edifici pubblici, attività commerciali e industriali". E, in assenza di un piano di mitigazione del rischio, si finisce per rincorrere le emergenze, che hanno un costo sette volte maggiore rispetto alle normali azioni di prevenzione. Ogni anno, in media, si contano danni per due miliardi e mezzo causati da frane ed alluvioni. E non si vedono inversioni di rotta: la legge che dovrebbe arginare il consumo di suolo giace da tre anni in Parlamento e, nel frattempo, si continuano a cementificare 668 ettari di terreno al giorno. "Il consumo di suolo si annida prevalentemente nel bacino Padano: paghiamo vent'anni di inerzia" afferma Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale consorzi di tutela del territorio, "se gli eventi naturali provocano sempre più danni è perché investono un territorio che non è libero ma largamente urbanizzato".

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