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Stefano Cucchi, l'intercettazione-choc del carabiniere: "Magari morisse", "Lo sbattiamo da ore"

Davide Locano
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Nel nuovo filone d'indagine sulla morte di Stefano Cucchi per il reato di falso sono almeno sei le persone nel mirino della procura. Si tratta di cinque carabinieri e un avvocato. Tra i militari dell'Arma anche il tenente colonnello Francesco Cavallo, all'epoca capo ufficio comando del Gruppo carabinieri Roma. Secondo quanto emerge dalle nuove carte sarebbe stato Cavallo a suggerire al luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza, di effettuare modifiche all'annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. "Questa storia è costellata di falsi, subito dopo il pestaggio ed è proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte di Cucchi. C'è stata un'attività di inquinamento probatorio che ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità e che sono state sottoposte a giudizio fino in Cassazione e ora sono parte civile perché vittime di calunni". Queste le parole del pm Giovanni Musarò, in apertura di udienza del processo per la vicenda della morte del geometra romano. In Aula è arrivato a sorpresa anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, insieme al presidente del tribunale di Roma Francesco Monastero. Leggi anche: Stefano Cucchi, ecco chi è l'ultimo carabiniere indagato "Quello che ha detto il carabiniere Francesco Di Sano nell'udienza del 17 aprile è vero: la modifica dell'annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma fu l'esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo", continua il pm. Musarò ha così motivato la sua decisione di depositare nuovi atti istruttori. "Solo così - ha sottolineato - si può capire il clima che si respirava in quei giorni e perché quella annotazione del 22 ottobre sia stata fatta sparire senza che nessuno ne parlasse per nove anni". E tra gli atti depositati in udienza, secondo quanto si apprende, ci sarebbe anche un'intercettazione in cui un carabiniere - poi imputato per calunnia nel processo davanti alla prima corte d'assise - parlava al telefono con il capoturno della centrale operativa del comando provinciale: "Magari morisse, li mortacci sua", avrebbe detto. Era l'alba del 16 ottobre 2009, poche ore dopo l'arresto di Cucchi. Nel dettaglio, il militare fa riferimento alle condizioni di saluta del geometra 31enne, che in quel momento si trovava nella stazione di Tor Sapienza. "Mi ha chiamato Tor Sapienza - dice il capoturno della centrale operativa -. Lì c'è un detenuto dell'Appia, non so quando ce lo avete portato se stanotte o se ieri. È detenuto in cella e all'ospedale non può andare per fatti suoi". E l'altro: "È da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua".

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