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Maria Luisa Iavarone: "Ministro Bussetti, bene l'educazione civica ma non scordiamo la storia"

Giulio Bucchi
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Caro Ministro Bussetti, leggo con piacere che è stata approvata alla Camera la legge che punta a reintrodurre l'educazione civica a scuola. Il provvedimento ora passa all'esame del Senato. Che questo insegnamento torni sui banchi di scuola è ovviamente cosa buona e giusta. Ma, allo stesso tempo, in questi giorni, un appello, sottoscritto da oltre mille intellettuali, lamenta la soppressione della traccia di storia dall'esame di maturità. Ho come la sensazione che questi due provvedimenti siano in contraddizione: è evidente che non si può diventare più civili senza la consapevolezza delle proprie radici storiche e quindi identitarie. Credo sia una grande perdita privare i ragazzi della possibilità di scegliere –sempre- e scegliere la traccia di storia e' –sempre- un'opzione utile. Penso che quello che stia succedendo nella nostra società abbia molto a che fare con il deficit di memoria, perché è sulla memoria che si costruisce l'empatia. Solo scoprendo che la propria esperienza ha qualcosa in comune con le vite di chi ha già vissuto in passato, allora possiamo più facilmente riconoscerci ed umanizzarci. Dalla storia riceviamo i più grandi esempi di odio, di rabbia sociale, di imbarbarimento e ricordarlo serve non solo per “non dimenticare” ma soprattutto per consegnare ai ragazzi un monito: che certe efferatezze non abbiano più a ripetersi! Si pensi fra tutte alla Shoah che costituisce un dispositivo formativo inderogabile alla comprensione della cieca assurda perdita di umanità. E allora, caro Ministro, non importa se negli ultimi anni a scegliere la traccia di storia sia stato meno del 2% degli studenti; non scivoliamo in logiche di mercato: la storia non è un prodotto che se non viene scelto deve essere tolto dallo scaffale. Dovremmo forse, al contrario, cogliere questo segnale per interrogarci sul perché la traccia di storia sia scelta da un numero così esiguo di studenti. Studiare la storia a scuola serve ad insegnare ai ragazzi non solo a non dimenticare ma soprattutto a non rimanere indifferenti di fronte agli orrori di ieri come di oggi. E' così che si diventa più civili. Ogni volta che vado nelle scuole a raccontare la vicenda di Arturo mi trovo di fronte centinaia di ragazzi interessati e motivati a comprendere le ragioni di tanto odio, di tanta rabbia agita dagli aggressori di mio figlio. E spiego loro che non si può rimanere inermi di fronte a tanta brutalità legittimando rapporti imbarbariti. Per questo vado a parlare con gli studenti. Perché io che l'odio l'ho sofferto, vissuto sulla pelle di mio figlio, voglio che non si dimentichi. Se insegniamo agli studenti a dimenticare, a non coltivare il loro territorio di memoria, la nostra società scivolerà verso la ritualità del solo quotidiano, che non a caso si caratterizza sempre per linguaggi d'odio. Un eterno presente che ha consegnato a quei ragazzi di Manduria l'incapacità di riconoscersi nel dolore di un anziano fragile, escludendo la possibilità di rappresentarsi essi stessi un giorno da vecchi. Personalmente chiedo, a chi condivide questo impianto, di sottoscrivere l'appello lanciato “La Storia bene comune” i cui primi firmatari sono Liliana Segre e Andrea Camilleri perché se perdiamo un pezzo di storia, smarriamo inesorabilmente un pezzo di noi. di Maria Luisa Iavarone

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