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Carola Rackete, la procura di Agrigento smonta l'ordinanza di scarcerazione: "Senza fondamento giuridico"

Caterina Spinelli
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La scarcerazione di Carola Rackete sarebbe un errore madornale. L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, Alessandra Vella, sarebbe senza fondamento giuridico e basata su interpretazioni sbagliate di sentenze. A riferirlo è la Cassazione della procura di Agrigento, che attraverso il ricorso demolisce l'ordinanza del 2 luglio (quello che ha rimesso in libertà la capitana della Sea Watch 3). La richiesta alla Suprema corte - riferisce Il Giornale - è chiara: annullare il provvedimento perché risulta "viziata per violazione di legge". Oltre a non aver "provveduto correttamente a valutare gli elementi di fatto e di diritto". Non solo: "L'impostazione offerta dal Gip sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda e non appare condivisibile la valutazione semplicistica". Leggi anche: Socci: dalla Rackete alla Von der Leyen, il piano tedesco per isolare l'Italia Sedici lunghe pagine, che mettono nero su bianco il comportamento fuorilegge della comandante tedesca. Il ricorso è apparso ieri su un sito giuridico, una settimana dopo l'invio in Cassazione. A pagina 3 il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio e il sostituto Gloria Andreoli, partono all'attacco: "Si ritiene che (...) il Gip nel pronunciarsi sulla legittimità dell'arresto di Carola abbia travalicato i limiti di approfondimento attenenti a tale fase procedendo a un'autonoma valutazione dei dati in suo possesso e pervenendo a un giudizio sostanziale della gravità indiziaria". A cominciare dal non avere considerato "nave da guerra", la motovedetta della Guardia di finanza schiacciata dalla capitana contro la banchina per sbarcare i migranti. "È di tutta evidenza - scrive la procura di Agrigento - che l'affermazione del Gip sia stato frutto di autonoma interpretazione che non trova alcun appiglio nella sentenza della Corte costituzionale citata da Vella". E ancora: "Al contrario si precisa che la giurisprudenza in più casi ha qualificato le motovedette della Guardia di finanza come navi da guerra". Ma le contestazioni non finiscono qui: dalla pagina 8 in poi viene smontata, pezzo per pezzo, la tesi del Gip sul "dovere di soccorso e assistenza ai naufraghi", che permetteva a Carola di fare quello che voleva forzando il blocco del Viminale. "Innanzitutto il Gip ha affrontato tutta una serie di valutazioni in ordine alla condotta di Rackete fondando per buona parte le proprie argomentazioni sulle dichiarazioni dell'indagata". Il ricorso, dunque, sottolinea che il governo stava per risolvere il caso a livello europeo, ma la capitana ha compiuto l'atto di forza senza tenerne conto. I procuratori si chiedono "come sia possibile che la Gip si aggrappi alla giustificazione di un soccorso in mare avvenuto 15 giorni prima dell'arresto" e ribadiscono che davanti a Lampedusa "i migranti non erano più esposti a un pericolo imminente per la loro vita e incolumità". L'azione di forza della Rackete non è giustificata in alcun modo: "la conclusione a cui è pervenuto il Gip si ritiene contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata".

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