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Genova, imprenditore accusa

"A sinistra volevano mazzette"

Michelangelo Bonessa
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 “Due consiglieri comunalimi chiesero un milione e 400 mila euro per cambiare la destinazione d'uso diun'area”. La dichiarazione, rilasciata al sostituto procuratore Francesco Pinto e riportata dal Secolo XIX,è il tassello che gli inquirenti andavano cercando da due anni e che sono certidi aver trovato, almeno in parte, nelle parole di Michelino Caparelli,immobiliarista lombardo e titolare della “Fontessa srl”. L'affare intorno alquale ruota la presunta “madre” delle mazzette è la compravendita d'un vastoappezzamento a Genova, dove sorgeva un tempo l'ex oleificio Gaslini a ridossodel torrente Polcevera, e dove s'intendeva realizzare un centro commerciale.Per questo business, Caparelli, l'imprenditore Gino Mamone, gli ex consigliericomunali Paolo Striano (ex Margherita) e Massimo Casagrande (Ds) sono indagatiper corruzione. “Io non sapevo cosa fare – ha proseguito Caparelli di fronteagli inquirenti - e il venditore di quella stessa superficie, Gino Mamone(leader della Eco.Ge, gigante delle bonifiche, accusato a sua volta di aver“pilotato” decine di gare) mi disse di stare fermo. Ai politici ci pensava giàlui. Una cosa è certa: i discorsi sui soldi per gli amministratori pubblicierano tutt'altro che sparate”.  

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